IZS Teramo – Un volume per valutare e comunicare il rischio in sicurezza alimentare

Una collaborazione, tra esperti del settore, che nel quotidiano svolgono attività analitica e di ricerca applicata alla valutazione e comunicazione del rischio, ha dato vita ad un volume con finalità didattiche e divulgative – edito dalla Milano University Press – e rivolto agli studenti universitari dei corsi di laurea in Agraria, Medicina Veterinaria e Biotecnologie.

Presenti nel volume, dal titolo  Valutazione e comunicazione del rischio in sicurezza alimentare  – disponibile on line – contributi di specialisti di grande professionalità ed esperienza provenienti dalla rete delle organizzazioni nazionali attive e competenti in materia: Ministero della Salute, IZS di Teramo, Istituto Superiore di Sanità, IZS Lazio e Toscana, e l’IZS delle Venezie.

Il dott. Paolo CALISTRI, responsabile del Centro Operativo Veterinario per l’Epidemiologia, Programmazione, Informazione e Analisi del Rischio (COVEPI) dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, che ha contribuito con la scrittura di due capitoli del volume, ci spiega che “Il libro è nato quasi per caso, qualche anno fa, durante lo svolgimento di un Corso organizzato dall’Università degli Studi di Milano, con il supporto del Ministero della Salute e il coinvolgimento di alcuni Istituti Zooprofilattici Sperimentali e dell’Istituto Superiore di Sanità. Fu proprio in quell’occasione, sicuramente per via dell’importanza e dell’attualità degli argomenti trattati, che il Ministero e l’Università, avvalendosi del contributo della Casa Editrice della stessa Università di Milano ed utilizzando le competenze dei relatori al Corso, proposero di realizzare un testo didattico-divulgativo, rivolto agli studenti universitari, interessati alla comprensione degli aspetti tecnici e dei principi alla base della valutazione e comunicazione del rischio in sicurezza alimentare.”

Il testo, che presenta concetti chiave e indica le competenze necessarie da possedere per valutare e comunicare il rischio nell’ambito della sicurezza alimentare, approfondisce teoria (leggi e regolamenti nazionali e comunitari) e pratica, grazie a numerosi esempi, così facilitando lo studente nella comprensione generale dell’argomento.

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Fonte: IZS Teramo




Selvatici o domestici? Il confine tra cattività e domesticazione

Il commercio di animali esotici venduti come pet, animali d’affezione, sembra essere in perenne crescita e, alimentato anche dai social media, vede anche di continuo nuove specie che si aggiungono alla lista di quelle in voga, dai galagidi ai gufi. In alcuni casi, questi animali vanno anche incontro a un processo di selezione da parte degli allevatori, che li incrociano per ottenere determinate caratteristiche dal punto di vista estetico: ne sono un esempio i pitoni, commerciati in diversi morph, con colorazioni e pattern delle squame differenti.

La letteratura scientifica ha ampiamente sottolineato i rischi del commercio di animali esotici, che vanno dalla diffusione di specie aliene invasive (nel caso di abbandoni volontari o fughe involontarie) al contrabbando, fino alle minacce, in alcuni casi, per la conservazione delle specie. Ma c’è un altro aspetto sul quale vale la pena riflettere tenendo in considerazione i dati scientifici: possiamo iniziare a considerare questi animali come domestici, magari in virtù di una lunga storia di detenzione come animali d’affezione o della selezione genetica nell’allevamento?

Un animale nato in cattività, cresciuto con l’essere umano, che non lo teme ed è confidente, magari figlio e nipote di animali nati in cattività, non è automaticamente un animale domestico. La domesticazione è qualcosa di ben diverso dalla confidenza con la nostra specie: è un processo lungo centinaia o più spesso migliaia di anni e relativo numero di generazioni, sulle quali da un lato ha agito in modo più o meno deliberato l’essere umano, scegliendo certi animali ed escludendo gli altri, in base alle caratteristiche che di volta in volta gli venivano utili (docilità, tasso riproduttivo, dimensioni, velocità di crescita eccetera).

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Fonte: scienzainrete.it




Il benessere animale nei canili. Le attività di controllo a tutela del benessere animale nei canili, nelle strutture ricettive e nei pet shop

Si è tenuta questa mattina nella sala stampa della Camera dei Deputati la conferenza di presentazione dei risultati della campagna di controlli condotta dal Comando Carabinieri per la Tutela della Salute (NAS) sui canili e gattili, strutture ricettive, allevamenti e centri di addestramento, negozi di animali e pet food del territorio nazionale.

Alla conferenza stampa, promossa dal Sottosegretario alla Salute con delega alla sanità animale, on. Marcello Gemmato, si è fatto il punto sui possibili risvolti speculativi che sottendono alla gestione dei canili, in particolare in alcune Regioni italiane del Sud: “Dai dati del Sistema di identificazione nazionale degli animali da compagnia (SINAC) del Ministero della Salute, di cui ho siglato l’istituzione lo scorso anno – commenta il Sottosegretario – emerge una fotografia sconcertante: sul totale dei cani ospitati nei canili delle regioni che attualmente aderiscono al SINAC, oltre 100.000 esemplari, più dell’80% è ospitato in sole cinque regioni, Puglia, Sardegna, Sicilia, Calabria e Campania. Se si rapporta a livello territoriale il numero dei canili autorizzati con il numero dei cani identificati e registrati, è evidente il sovraffollamento delle strutture, che determina il mancato rispetto di standard di salute e benessere animale adeguati. Questo, in prospettiva One Health, rappresenta una minaccia anche per la salute pubblica e per gli ecosistemi di riferimento. Basti pensare che in alcune regioni si registrano medie con punte di oltre 300 cani per canile. Inoltre, – continua Gemmato – tenuto conto del costo medio giornaliero unitario per la gestione del singolo cane ospitato nel canile, stimato dal Ministero della Salute in un range compreso fra 3,5 e 4,5 euro, la spesa pubblica in un arco temporale di 7 anni (durata media della permanenza degli animali nelle strutture) supera, in Italia, un miliardo di euro. Tale settore di attività, pertanto, è diventato particolarmente attrattivo per la cosiddetta “zoomafia”, che ritiene lucrativo trattenere esemplari nei canili per percepire sussidi statali, non curandosi delle loro condizioni e ostacolandone al contempo l’adozione.”

Per fare luce su questi aspetti e utilizzando il SINAC – conclude il Sottosegretario – abbiamo avviato una campagna di controlli a tappeto di concerto con i NAS, che si è svolta da maggio a settembre 2024.”

“Le attività di controllo – spiega il Comandante dei Carabinieri per la Tutala della Salute, Gen. B. Raffaele Covettihanno interessato il comparto degli animali d’affezione, per accertare lo stato di benessere nel mantenimento degli animali, la gestione e l’impiego di farmaci veterinari, la conservazione e la somministrazione di alimenti e mangimi. Le indagini hanno dato luogo a numerose sanzioni di tipo amministrativo, denunce, sequestri di strutture, per un valore complessivo di € 4.665.205.

È fondamentale – sottolinea il Generale – disporre degli strumenti idonei a censire e verificare le strutture che ospitano animali d’affezione e in questo il SINAC si è rivelato un sistema valido e un supporto imprescindibile. Continueremo ad implementare le attività ispettive, di concerto con il Ministero della Salute, per il ripristino della legalità e la garanzia del benessere animale.”

Le attività di controllo sanitario sui canili del territorio nazionale sono state oggetto anche di un’interrogazione parlamentare nel novembre 2023, a firma della deputata Rita Dalla Chiesa, che ha richiamato l’attenzione del Governo sul tema della salute e del benessere degli animali d’affezione.

Sono felice di aver potuto finalmente parlare di quello che rappresenta un gravissimo problema che riguarda soprattutto l’Italia del centro sud – afferma l’On. Rita Dalla Chiesa. Mi riferisco ai maltrattamenti sugli animali, alle condizioni terribili dei cosiddetti canili “fantasma”, che arrivano ad ospitare anche 3.000 cani, dei quali poi non si sa più nulla. Parliamo di entrate economiche di cui beneficiano illegittimamente i gestori di molti canili, di mancanza di sterilizzazione dei randagi, della necessità di un albo per il personale volontario che lavora nei canili, troppo spesso senza adeguata formazione. Aspetti su cui finalmente stiamo facendo luce, soprattutto in un’ottica di rispetto della legge. Sono certa che da questa giornata prenderanno il via molte altre iniziative, con il coinvolgimento attivo di tutte le parti interessate”.

Alla conferenza ha preso parte anche la Presidente dell’intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e la tutela dell’ambiente, l’on. Maria Vittoria Brambilla, che ha fatto il punto sulle attività in corso e sulle iniziative legislative allo studio.

Il SINAC per la prima volta consente di identificare e registrare i nostri amici animali aumentando la capacità di governance del sistema. è il commento dell’on. Maria Vittoria Brambilla. “Grazie al SINAC sarà possibile non solo erogare con la necessaria adeguatezza i servizi che i cittadini richiedono, ma anche raccogliere importanti indicatori sulla salute e sul benessere degli animali d’affezione. Un sentito ringraziamento va alle forze dell’ordine, e in particolare ai Carabinieri, per aver dato sistematicità alle verifiche sui canili e per aver portato alla luce tante situazioni assolutamente intollerabili. I dati forniti oggi sono la fotografia di una realtà con molte ombre, ma anche il necessario punto di partenza per altri, doverosi interventi. Voglio infine ricordare che proprio ieri la commissione Giustizia, esaminando la proposta di legge AC 30 di cui sono prima firmataria e relatrice, ha approvato un emendamento che esenta dal pagamento delle sanzioni amministrative i proprietari o i detentori che spontaneamente si mettono in regola con le norme sull’identificazione degli animali da compagnia. È un invito a far registrare nel sistema informativo il proprio animale, invito al quale la Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, di cui mi onoro di essere presidente, risponderà organizzando sul territorio “giornate” dedicate alla microchippatura”.

Comunicato stampa

Documento di sintesi Campagna Canile




G7 Veterinaria: zoonosi, antibioticoresistenza e biosicurezza “Concentrati sulle sfide del prossimo futuro”

“Una parola ricorrente durante i nostri lavori è stata “trust”, fiducia, perché i Paesi del G7 hanno chiaro il loro ruolo di leader nel proporre a livello globale le migliori pratiche per garantire la salute ed il benessere animale e la sicurezza alimentare, affinché il commercio di prodotti agroalimentari sia basato su regole sanitarie chiare e condivise e, appunto, sulla fiducia reciproca fra i Paesi”. Queste le parole di Ugo Della Marta, Capo dei Servizi Veterinari italiani,  che ha presieduto  il G7 della veterinaria, evento che ha riunito a Padova le delegazioni veterinarie dei Paesi più industrializzati per fare il punto sullo stato della salute animale sul nostro pianeta.

Presenti i capi veterinari di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, e i rappresentanti delle più importanti organizzazioni sanitarie internazionali come Commissione Europea, FAO e WOAH.

Durante l’incontro sono stati presentati i sistemi messi a punto in Italia per verificare negli allevamenti il rispetto del benessere animale, la biosicurezza e tracciare l’uso di antibiotici, per supportare l’impegno continuo nella riduzione dell’uso di questi farmaci, per favorire la diminuzione di fenomeni di antibiotico resistenza.

Secondo recenti dati di Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, tra il 2014 e il 2021 l’uso degli antibiotici in Europa a livello zootecnico è diminuito del 44%.

Per quanto riguarda il nostro Paese, stando alle percentuali fornite da Aifa relative al 2022, per le specie animali destinate alla produzione di alimenti la riduzione totale di utilizzo di antibiotici è stata del 13,4%, con una riduzione del 14,2% del consumo di antibiotici autorizzati in formulazioni farmaceutiche per via orale.

Sempre stando all’analisi dell’Agenzia Italiana del Farmaco, nel 2022 i livelli di consumo negli animali delle classi di antibiotici considerati critici per l’uomo sono state sotto la media europea.

L’Italia, se pur con risultati in linea con quelli europei, ha ancora molta strada da fare, le sfide che attendono il settore sanitario e quello agro-alimentare si stanno facendo via via più complesse. Carenze a livello di benessere animale, biosicurezza dell’allevamento e consumo eccessivo di antibiotici danno origine a rischi sanitari sempre di più connessi tra loro, rendendo necessario un approccio e un osservatorio epidemiologico integrato.

Per affrontare queste sfide, tra gli strumenti a disposizione, c’è Classyfarm, fortemente voluto dalla Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari  del Ministero della Salute.

E’ un sistema integrato nato  con l’obiettivo di categorizzare gli allevamenti in base al rischio per la sanità pubblica veterinaria e che è risultato fondamentale, per esempio, proprio nella lotta all’abuso di antibiotici.

“L’antibiotico resistenza – spiegano Antonia Ricci, DG dell’IZS delle Venezie, e Giorgio Varisco, DG dell’IZS della Lombardia e Emilia-Romagna – è un problema che, in un’ottica e con un approccio “One Health”, riguarda la salute di tutti, dell’uomo e dell’animale. Dal punto di vista veterinario stiamo puntando naturalmente sulla sorveglianza e il controllo ma anche sulla formazione. I sistemi informatici moderni, come Classyfarm, ci permettono poi di quantificare in modo oggettivo l’uso degli antibiotici e l’antibioticoresistenza, per evidenziare le situazioni più critiche dove bisogna intervenire, e quelle più virtuose da premiare. Il lavoro da fare è tanto ma possiamo dire di aver imboccato la strada giusta”.

Al centro del dibattito poi altri temi legati alla biosicurezza e alle zoonosi.

“Le sfide che la veterinaria italiana sta affrontando sono molteplici e complesse, basti ricordare la Peste Suina Italiana, l’influenza Aviaria, la Blue Tongue” conclude Giovanni Filippini,  DG Salute animale e Commissario per il contrasto alla PSA presso il ministero della Salute, ” ma il sistema nazionale, che vede una stretta collaborazione fra Ministero della Salute, servizi veterinari territoriali e la rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, ha tutte le competenze per far fronte a queste difficoltà e tutelare le eccellenze produttive dell’agroalimentare italiano”

Fonte: IZS Venezie




G7 Veterinaria, Padova capitale della salute animale

Padova sarà per due giorni capitale della veterinaria mondiale. La città del Santo ospita infatti mercoledì 16 e giovedì 17 ottobre 2024 il “G7 Chief Veterinary Officers’ Meeting”, l’evento che riunisce le delegazioni veterinarie dei Paesi più industrializzati per fare il punto sullo stato della salute animale sul nostro pianeta.

L’evento è promosso dal Ministero della Salute nell’ambito del G7 Salute, in collaborazione con gli Istituti Zooprofilattici delle Venezie e di Lombardia ed Emilia-Romagna, con il patrocinio della Regione del Veneto e del Comune di Padova e con il sostegno della Camera di Commercio di Padova. Saranno presenti al G7 i Capi veterinari di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, e i rappresentanti delle più importanti organizzazioni sanitarie internazionali come Commissione Europea, FAO e WOAH. In totale è previsto l’arrivo di circa 50 delegati fra italiani e stranieri.

I lavori si aprono mercoledì 16 ottobre al Caffè Pedrocchi, con due sessioni tecniche dedicate alla zonizzazione e alla biosicurezza negli allevamenti, elementi cruciali per rafforzare il controllo delle malattie a livello globale e garantire il commercio sicuro di animali e prodotti alimentari da essi derivati. Il meeting ha l’obiettivo di stimolare un confronto in sede G7 sul miglioramento degli strumenti di controllo e prevenzione necessari a preservare lo stato sanitario degli animali, con un focus specifico sull’uso dei farmaci, e in particolare degli antibiotici.

La cerimonia ufficiale di apertura si terrà presso l’Aula Magna dell’Università degli Studi di Padova e sarà inaugurata con un videomessaggio del Sottosegretario alla Salute On. Marcello Gemmato. Saranno presenti la Direttrice generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Antonia Ricci, il Capo dei Servizi Veterinari Italiani (CVO – Chief Veterinary Officer) presso il Ministero della Salute Ugo Della Marta, il Sindaco del Comune di Padova Sergio Giordani, la Presidente della Commissione Sanità della Regione Veneto Sonia Brescacin, il Direttore del Dipartimento di Medicina animale, produzioni e salute dell’Università di Padova Alessandro Zotti, la Direttrice generale dell’Organizzazione mondiale della sanità animale (WOAH) Emmanuelle Soubeyran, e il Consulente veterinario senior USDA APHIS presso la FAO, Amy Delgado.

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Fonte: IZS Venezie




Nel cervello umano micro e nanoplastiche. Uno studio italiano spiega le conseguenze

microplasticheIn occasione del Planetary Health Festival, Il Festival Italiano della Salute Planetaria, svoltosi a Verona dal 3 al 5 ottobre, si è tenuto un panel dedicato a un tema di crescente rilevanza globale: l’impatto invisibile delle micro e nanoplastiche (MNP) sulla salute umana. Durante l’incontro, è stato presentato lo studio intitolato Tutta la plastica che non vediamo. Rapporto sulla presenza delle micro e nanoplastiche nel corpo umano, commissionato da VERA Studio a un gruppo di esperti dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.
La ricerca, condotta dal professor Raffaele Marfella, del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Avanzate, dal professor Pasquale Iovino, del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Biologiche e Farmaceutiche, e dal dottor Francesco Prattichizzo, dell’IRCCS MultiMedica, Polo Scientifico e Tecnologico di Milano, si propone di colmare una lacuna significativa nella letteratura scientifica: l’assenza di una meta-analisi che documenti l’accumulo di micro e nanoplastiche negli organi umani e il loro impatto sulla salute.

Micro e nanoplastiche ovunque. Anche nel cervello e nella placenta

Negli ultimi anni, ricercatori da tutto il mondo hanno iniziato a esplorare l’accumulo di MNP nel corpo umano e le loro potenziali conseguenze per la salute. Il Rapporto sintetizza le fonti di esposizione alle MNP, le tipologie di queste particelle e le associazioni patologiche connesse.

Durante la presentazione, sono emerse informazioni di grande interesse per la comunità scientifica. Le concentrazioni più elevate di MNP sono state riscontrate in organi di vitale importanza come il cervello, la placenta e l’albero cardiovascolare. Per esempio, nel cervello, i livelli di MNP riscontrati in un cervello di peso medio di un adulto corrispondono all’equivalente di un terzo di una bottiglia di plastica da 1,5 litri.

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Fonte: foodandtec.com




L’IZSVe supporta l’Ucraina per la diagnosi, la sorveglianza e il controllo della rabbia

Dal 23 settembre al 4 ottobre 2024, grazie al supporto finanziario dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha ospitato un corso di formazione di due settimane dal titolo “Migliorare la capacità di laboratorio per una migliore sorveglianza e controllo della rabbia” per supportare l’Ucraina, dove il contesto di due anni di guerra ha contribuito alla diffusione della rabbia incrementando le preoccupazioni relative a questa malattia per la salute pubblica. Il corso ha visto la partecipazione di quattro veterinari che lavorano presso diversi laboratori veterinari regionali in Ucraina, e si è tenuto presso la sede centrale dell’IZSVe a Legnaro (Padova).

Nonostante la rabbia sia scomparsa nell’Europa occidentale, il continente non è esente dalla malattia; in particolare, la volpe rossa (Vulpes vulpes) rimane il serbatoio principale del virus nell’Europa orientale. Un’efficace sorveglianza attiva e passiva, una diagnosi accurata e una vaccinazione di massa sono fattori critici per controllare ed eliminare progressivamente la malattia nel serbatoio animale, riducendo così il suo impatto significativo sulla salute pubblica. Di recente, è aumentata la preoccupazione per la diffusione della rabbia in Ucraina. Dall’inizio della guerra, si è registrato infatti un aumento significativo di animali randagi e un calo della copertura vaccinale sia tra la fauna selvatica (come le volpi) che tra gli animali domestici (tra cui cani e gatti). Inoltre, si è registrato una crescita notevole dei casi segnalati di morsi umani da parte di animali domestici e selvatici, insieme a un aumento significativo dei trattamenti di profilassi antirabbica somministrati.

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Fonte: IZS Venezie




One Health Award 2024: successo per la terza edizione, oltre 2.000 partecipanti. I premiati

homepage - One Health AwardDomenica 13 ottobre, al Centro Internazionale di Formazione e Informazione Veterinaria (CIFIV) dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, l’autore e compositore David Monacchi, in dialogo con Giorgia Cardinaletti, giornalista Rai, ha trattato il tema del patrimonio eco-acustico delle foreste primarie. In quella che è stata una vera e propria Lectio magistralis, l’artista ha illustrato, con l’ausilio di immagini e suoni, l’ambizioso progetto Fragments of Extinction, una ricerca di lungo termine sul patrimonio dei suoni delle foreste primarie equatoriali più remote e ancora incontaminate del pianeta, basata su registrazioni 3D ad altissima definizione in Amazzonia, Bacino del Congo, Borneo.

Nelle conclusioni, Nicola D’Alterio, Direttore Generale dell’Istituto, ha ringraziato chi ha supportato e sostenuto concretamente l’evento, tra cui le Istituzioni nazionali e locali in primis, gli autorevoli ospiti, poi la parte organizzativa e tutto il personale dell’Istituto che, ancora una volta, ha fatto squadra per portare la storia e l’attività dell’Ente su palcoscenici prestigiosi.

Mentre venivo qui stamattina ripensavo a un anno fa, eravamo in questo stesso luogo a chiudere tre giorni meravigliosi ‘passati’ sulle sponde del Mediterraneo: direi che ne abbiamo fatta di strada nel corso di quest’anno… dal Nord Africa ci siamo spinti fino al cuore del continente e poi giù fino in Namibia. L’Africa è stata e sarà la Frontiera del nostro impegno come Istituto. Lo abbiamo ripetuto spesso da venerdì a oggi. L’Istituto lavora in Africa da quasi 40 anni. Tanto abbiamo imparato in questi decenni e tanto ancora dobbiamo imparare, in uno scambio che è sempre reciproco” ha dichiarato D’Alterio.
Una cosa di cui sono certo è che siamo sulla strada giusta. Ma abbiamo bisogno di restare insieme. Da soli non c’è salute, non c’è salvezza per il pianeta” ha continuato il Direttore. “La Salute Unica rimane il nostro faro e sono fermamente convinto che questo evento ci aiuta ogni anno diffondere la cultura di One Health”.
“Vi posso assicurare che One Health Award non si ferma qui” ha concluso D’Alterio. “Certo, richiede sacrificio, ma come insegna l’etimologia della parola, si tratta di ‘sacrum facere’ ed è qualcosa di sacro quello che realizziamo da tre anni. Abbiamo già in testa qualche novità per il 2025 e la prossima destinazione del viaggio, ma l’orizzonte non cambierà: la Salute Unica per gli uomini, gli animali e il pianeta”.

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Fonte: vet33.it




Non solo virus. Nuovi rischi aumentano la minaccia di pandemia su scala globale. Il rapporto del Gpmb

I recenti focolai del virus di Marburg, dell’Mpox e dell’ultimo ceppo di influenza aviaria (H5N1) ci ricordano la vulnerabilità del mondo alle pandemie. Solo nel 2024 si sono già verificati 17 focolai di malattie pericolose. Ogni nuovo focolaio mette a nudo le falle dell’attuale architettura di prevenzione delle pandemie e della preparazione globale a rispondere ai focolai di malattie.

Secondo un nuovo rapporto del Global Preparedness Monitoring Board (GPMB), una pletora di rischi aumenta la probabilità di nuove pandemie. Il rapporto, lanciato in occasione del 15° Vertice Mondiale della Sanità di Berlino, delinea 15 fattori chiave del rischio pandemico, classificati in cinque gruppi distinti: sociale, tecnologico, ambientale, economico e politico.

Il GPMB, un’iniziativa sostenuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Banca Mondiale, tiene traccia dei fattori di rischio pandemico e supervisiona la preparazione globale. Il rapporto sottolinea l’urgenza di comprendere la vulnerabilità globale alle minacce e chiede una reimpostazione radicale dell’approccio collettivo alla preparazione alle pandemie.

La mancanza di fiducia tra i Paesi e all’interno di essi, l’iniquità, gli allevamenti intensivi e la probabilità di incroci tra uomo e animale sono tra le minacce principali delineate nel rapporto. Il rapporto identifica anche nuovi rischi al di fuori dei tradizionali fattori sanitari.

La connettività digitale ha permesso agli scienziati di sequenziare e condividere rapidamente i dati sugli agenti patogeni e di personalizzare le risposte sempre più velocemente. Tuttavia, questa impronta digitale lascia esposti i sistemi sanitari e le società. Gli attacchi informatici, l’aumento delle minacce alla biosicurezza e la rapida diffusione della disinformazione aumentano il rischio di pandemia.

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Fonte: quotidianosanita.it




Il nuovo rapporto di SYSTEMIQ LTD sul futuro della carne coltivata

La produzione di carne per soddisfarne il fabbisogno di quasi otto miliardi di persone sul pianeta sta mettendo a dura prova le risorse disponibili. Fattori come lo sfruttamento dei terreni per l’allevamento intensivo, il disboscamento, la minaccia alla biodiversità e l’ emissione di gas serra sono responsabili degli effetti disastrosi del cambiamento climatico.  Se questo trend globale continuerà, il consumo di carne è destinato a crescere in modo significativo, con un aumento della domanda del 30% entro il 2050.  Tuttavia, è possibile contrastare questa tendenza e mitigare gli effetti della pressione ambientale attraverso la diversificazione della dieta e l’introduzione di proteine alternative tra cui quelle ​​vegetali, carni coltivate in laboratorio, o persino proteine ​​di insetti.

Una  analisi pubblicata nel 2019 dalla società di consulenza AT Kearney stima che nel 2040 la carne coltivata occuperà il 35% del mercato della carne globale insieme ad  altri analoghi di origine vegetale per un totale di 640 miliardi di dollari. Riguardo invece ai volumi di produzione futuri il rapporto Mc Kinsey prevede che entro il 2030 la produzione di carne coltivata,  benchè in crescita costante, con 2,1 milioni di tonnellate potrà soddisfare solo lo 0,5% della domanda globale di carne a causa delle capacità limitate degli attuali bioreattori che oggi vanno da 2.000 a 10.000 litri.   Una stima più recente è fornita dalla società di consulenza Systemiq Ltd. finanziato da e in collaborazione con Good Food Institute (GFI) relativo ai benefici economici che il settore della carne coltivata potrebbe apportare in Unione Europea ed altri come un migliore valore nutrizionale, profili di grassi più sani e rischi ridotti di zoonosi e resistenza antimicrobica,  riduzione del bioaccumulo di tossine soprattutto nei frutti di mare e livelli superiori di disponibilità alimentare per la riduzione dei  costi di produzione della carne, influenzati dal cambiamento climatico, dalla pressione sulle risorse, nonché dalla dipendenza dalle importazioni e dalla produzione di mangimi per animali.  Per stimare il potenziale della carne coltivata l’analisi prende in considerazione tre scenari, di cui due ambiziosi ma plausibili per lo sviluppo futuro del settore della carne coltivata.

L’obiettivo di questa analisi non è quello di fornire proiezioni definitive su ciò che accadrà ma di illustrare quale potrebbe essere il potenziale economico per l’Europa nell’ambito di alcuni scenari ambiziosi con l’intento di assumere fin da ora un ruolo di leadership nel settore. Negli scenari delineati, l’analisi stima che il settore potrebbe rappresentare un mercato globale da 170 a 510 miliardi di euro entro il 2050, e  nello scenario più ambizioso da 15 a 80 miliardi di euro all’anno a livello europeo, fra consumo interno ed esportazioni e sulla base di una catena di valore nazionale della carne coltivata e di opportunità commerciali. Inoltre la crescita di questo settore creerebbe 25.000-90.000 nuovi posti di lavoro ben retribuiti. La relazione rileva anche un particolare vantaggio competitivo nell’UE che in forza della ricerca nella scienza e nella biotecnologia è in grado di fornire materie prime per la coltivazione cellulare, come i terreni di crescita e attrezzature. In una prospettiva sul ruolo che i singoli paesi potrebbero svolgere nella filiera della carne coltivata, il rapporto illustra con casi-studio specifici le opportunità per Francia, Spagna, Polonia e Germania di sviluppare mercati nazionali e input chiave per la bioproduzione. Questi risultati sono estremamente entusiasmanti ma per cogliere l’opportunità, occorre assicurare la scalabilità del settore e la progressione da prodotto di nicchia (intorno a 85 euro al kg) a prodotto maggiormente accessibile con la parità di prezzo rispetto alle carni convenzionali, condizioni che potranno realizzarsi solo in un contesto normativo equo e trasparente e con investimenti significativi dei governi nei settori della ricerca e sviluppo nei prossimi anni.  La relazione ha calcolato che per concretizzare lo scenario più atteso e realizzare questi benefici, il settore della carne coltivata necessita di un investimento globale medio annuo di 55 miliardi di euro a livello globale da qui al 2050, di cui 5 miliardi dovrebbero provenire dall’UE, tra investimenti pubblici (500 milioni) e privati. L’UE sta attualmente destinando  diversi miliardi per le infrastrutture di trasporto green ed innovazioni eco-compatibili.  E’ ampiamente dimostrato come investimenti simili nel settore alimentare producano vantaggi superiori.

Dal punto di vista dell’impatto ambientale, il rapporto rileva che se il settore della carne coltivata crescesse a livello globale fino a queste dimensioni, rispetto ad altre tecnologie, potrebbe mitigare fino a 3,5 giga tonnellate di emissioni di gas serra (pari al 17% delle emissioni totali del sistema alimentare nel 2050).  Inoltre, si risparmierebbero fino a un terzo dei terreni agricoli globali (1,4 miliardi di ettari) e fino a 225 milioni di metri cubi di acqua, il tutto rafforzando la salute pubblica e la sicurezza alimentare. La capacità del settore di raggiungere questi traguardi dipenderà dalla disponibilità degli investimenti pubblici e privati necessari per superare le sfide tecniche, ridurre i costi e scalare la produzione in modo efficiente. Questi scenari dipenderanno anche dalla capacità della carne coltivata di mantenere un percorso di commercializzazione equo e basato su dati concreti in Europa e nel mondo. In termini di allocazione, gli autori del report consigliano di distribuire l’investimento con una suddivisione 40/60, dando priorità al 40% per Ricerca e sviluppo e al 60% per la costruzione di infrastrutture, entrambi fondamentali per inviare i segnali giusti agli attori privati ​​e sbloccare i flussi di capitale privato.  In Italia i poli universitari in cui si fa ricerca sul settore hanno sollecitato un dialogo multidisciplinare, concretizzatosi con  una conferenza multidisciplinare dal titolo ‘Le scienze della carne coltivata’ organizzato presso il Molecular biotechnology center “Guido Tarone  dall’Università di Torino e da Good Food Institute in occasione della European Biotech Week.  Sono stati coinvolti accademici di biotecnologia, ingegneria, diritto, psicologia, nutrizione, sicurezza alimentare e bioetica per riflettere sul futuro della carne coltivata e su come orientarsi tra le sfide che ci attendono.  L’evento ha visto il lancio di un progetto di crowdfunding a supporto della ricerca in UniTo, che ha già raccolto oltre il 90% dei fondi.

Dott. Maurizio Ferri e Dott.ssa Maria Grazia Cofelice – SIMeVeP