Un nuovo coronavirus (2019-nCoV) mai isolato nell’uomo, è l’agente causale di un cluster di 581 casi di polmonite a livello globale. Fa parte della stessa famiglia di virus della sindrome respiratoria acuta grave (SARS-CoV) e della sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS-CoV). 571 casi si sono verificati in Cina (inclusi 17 decessi) e 317 solo nella provincia di Hubei. Sono stati segnalati anche sette casi in Tailandia, Giappone, Hong Kong, Corea del Sud e Stati Uniti, associati ai viaggi dalla città cinese di Wuhan. Si prevede che verranno esportati più casi in altri paesi e che potrebbe verificarsi un’ulteriore trasmissione. Il nuovo coronavirus si presenta dunque con un quadro sintomatologico caratterizzato da febbre lieve-moderata, che potenzialmente evolve con complicanze come polmonite e decesso.
Per la maggior parte dei casi è stata evidenziata un associazione epidemiologica (esposizione) con il mercato di Wuhan, dove venivano venduti frutti di mare, ma anche pollame, serpenti, pipistrelli e altri animali da allevamento. Ad ogni modo, risulta chiaro come la crescente epidemia non è più dovuta alle esposizioni in corso sul mercato di Wuhan, se si considera che meno del 15% dei nuovi casi ha riferito di averlo visitato. E dunque le autorità cinesi hanno confermato la trasmissione uomo-uomo. Vi sono state pochissime segnalazioni di epidemie ospedaliere o infezioni di operatori sanitari, è una caratteristica importante per le infezioni MERS e SARS.
Per quanto riguarda il numero di casi, il Centro MRC per l’analisi globale delle malattie infettive (https://www.imperial.ac.uk/mrc-global-infectious-disease-analysis/news–wuhan-coronavirus/) sulla base di assunzioni baseline e scenari alternativi, stima un totale di 4.000 casi di 2019-nCoV nella città di Wuhan (intervallo di incertezza: 1.000-9.700) con insorgenza dei sintomi prima del gennaio 2020 (l’ultima data di insorgenza riportata di ogni caso).
In un recente lavoro pubblicato sul Journal of American Virology (22 gennaio 2020), https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/jmv.25682), con una ricerca condotta su campioni di virus provenienti da diverse località della Cina e da diverse specie ospiti, lo studio del codice genetico (RNA) del 2019-nCoV ha rilevato che il nuovo virus è strettamente correlato a due campioni di coronavirus SAR-simile del pipistrello provenienti dalla Cina, con il risultato di una ricombinazione tra questo coronavirus del pipistrello e un coronavirus di origine sconosciuta. Gli autori suggeriscono dunque che, come per SARS e MERS, il pipistrello potrebbe anche essere l’origine dell’infezione e che il virus del pipistrello potrebbe essersi mutato prima di infettare le persone. Sulla base della tecnica RSCU (relativo utilizzo del codone), i risultati ancora da confermare, suggerirebbero inoltre che il serpente è il più probabile serbatoio dell’infezione e può contribuire alla trasmissione serpente-uomo.
L’analisi filogenetica suggerisce sulla base di 23 sequenze di genoma complete, che le sequenze mostrano scarse variazioni genetiche, il che è indicativo di una recente origine dei virus campionati e sequenziati. I genomi sequenziati non mostrano prove di ulteriori introduzioni del virus da serbatoi animali non umani, sebbene al momento il numero di sequenze sia limitato. La dimensione mediana dell’epidemia di Wuhan è stimata in 4,050 infezioni (IC al 95%: 1.700-7, 950), utilizzando una stima di 10 giorni dall’esposizione al rilevamento e una popolazione effettiva di 20 milioni di persone nel bacino di Wuhan a partire da 20 gennaio (WHO,https://www.who.int/docs/default-source/coronaviruse/situation-reports/20200123-sitrep-3-2019-ncov.pdf. )
L’ECDC ha effettuato un valutazione rapida del rischio (https://www.ecdc.europa.eu/en/novel-coronavirus-china) e ha concluso che: il potenziale impatto dell’epidemie da 2019-nCoV è elevato; è probabile un’ulteriore diffusione globale; esiste un’elevata probabilità di importazione di casi in paesi con il maggior volume di persone che viaggiano da e verso Wuhan (ovvero i paesi dell’Asia).
L’OMS, nonostante la diffusione globale sia probabile, sulla base delle informazioni attualmente disponibili, non raccomanda alcuna restrizione ai viaggi o al commercio. Rimane l’obbligo per pasi esposti di rafforzare le misure di prevenzione nei confronti delle emergenze sanitarie in linea con l’International Health Regulations (2005).
La SIMeVeP sostiene da sempre che quando le patologie degli animali sono sottovalutate spesso diventano umane. Il salto di specie nel caso del mercato di Wuhan, dove vengono venduti in maniera illegale animali selvatici, è stato resa possibile per le condizioni di affollamento tipiche di questi luoghi di commercializzazione, caratterizzate da eccessiva promiscuità tra animali vivi, alimenti derivati da questi animali e l’uomo.
Abbiano visto come il coronavirus viene generalmente trasmesso all’uomo attraverso serbatori animali (pipistrelli nel caso della SARS e cammelli nel caso della sindrome respiratoria del Medio Oriente o MERS). Per la SARS, l’ulteriore diffusione del virus avviene attraverso altri animali selvatici come la civetta delle palme, il tasso furetto cinese o il cane procione, venduti come cibo in alcuni mercati cinesi. E’ chiaro che le persone che maneggiano o consumano questi animali esotici possono infettarsi e diffondere il virus attraverso il contagio interumano. La presenza di ospiti intermedi come per la SARS, si ripropone anche per il nuovo coronavirus. Se da una parte queste epidemie abbiano generato in Cina una forte protesta online e una condanna diffusa del consumo di selvaggina in Cina, in alcune aree del paese permangono queste abitudini.
Se le persone non vivono in armonia con la natura, l’inevitabile conseguenza è che la natura si ribella. Il consumo di selvaggina fa scempio di migliaia di anni di addomesticamento umano degli animali. I nostri antenati hanno trascorso migliaia di anni ad addomesticare il pollame e il bestiame, ma si continua a consumare anche nei paesi più civilizzati selvaggina, serbatoio di virus letali.
Si comprende come la mancata applicazione di misure sanitarie preventive, di biosicurezza, di rispetto delle norme sanitarie sulla movimentazione di animali e di prodotti di origine animale, rimanga la causa del 70% delle nuove malattie infettive protagoniste del cosiddetto ‘spillover’ (SARS, Aviaria, Ebola, Virus influenzale suino). Solo allora ci si rende conto di quanto sarebbero stato meglio avere una potente epidemio-sorveglianza ‘One Health’, cioè una globale collaborazione tra veterinari, e medici, come chiedono da tempo OMS e OIE.