Giornata mondiale per le Malattie Tropicali Neglette: presentata la road map dell’OMS con gli obiettivi 2021-2030

logo ISSL’ISS, da anni impegnato nella lotta contro l’echinococcosi cistica ed alveolare, aderisce al programma di prevenzione e controllo delle NTDs

Ridurre il numero di persone che necessitano di interventi contro le Malattie Tropicali Neglette (NTDs) e diminuirne gli anni di vita persi per disabilità (DALYs), eliminarne almeno una in 100 Paesi ed eradicarne totalmente almeno due nel mondo. Sono questi gli obiettivi globali fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nella road map per le NTDs 2021-2030 lanciata oggi, in occasione della Giornata Mondiale del 30 gennaio, con l’invito a tutti i governi ad aderire al piano programmatico.

L’ISS con il Centro di Collaborazione OMS ITA-107 ed il Reparto di Parassitosi alimentari e Neglette presso il Dipartimento di Malattie infettive è da tempo impegnato in prima linea, in un contesto di sanità pubblica internazionale, nel combattere due NTDs di rilevanza sia europea che globale, l’echinococcosi cistica ed alveolare.

“Anche l’Istituto aderisce alla road map dell’OMS – dice Adriano Casulli, parassitologo dell’ISS e direttore del WHO Collaborating Centre for the Epidemiology, Detection and Control of Cystic and Alveolar Echinococcosis – con l’obiettivo di aumentare la prevenzione ed il controllo di queste malattie infettive neglette per troppo tempo dimenticate. L’istituto ha condotto la più grande indagine ecografica di popolazione al mondo sull’echinococcosi cistica e avviato un sistema di sorveglianza per la creazione di un Registro clinico Internazionale, ERCE”.

Le NTDs sono un insieme diversificato di 20 malattie causate da virus, batteri, parassiti, funghi e tossine. Le NTDs hanno in comune il fatto di essere un gruppo di malattie tendenzialmente croniche e disabilitanti, molte delle quali prevenibili e curabili, ma che infettano in maniera sproporzionata le popolazioni povere e marginalizzate, specialmente se lontane dai sistemi sanitari. Colpiscono più di 1 miliardo di persone e causano più di mezzo milione di morti l’anno con conseguenze devastanti per la salute, ma anche con un profondo impatto sociale ed economico.

La nuova road map dell’OMS è stata elaborata attraverso un’ampia consultazione globale iniziata nel 2018 e culminata con l’approvazione del documento da parte degli Stati membri alla 73° Assemblea Mondiale della Sanità (WHA) nel novembre 2020.

Dal 2010 sono stati compiuti progressi significativi. Oggi, 500 milioni di persone non necessitano più di interventi contro diverse NTDs e 40 paesi hanno eliminato almeno una di queste malattie. La dracunculiasi è sull’orlo dell’eradicazione, con 54 casi umani segnalati in quattro paesi nel 2019; la filariosi linfatica e il tracoma sono stati eliminati come problema di salute pubblica rispettivamente in 16 e 9 paesi; l’oncocercosi è stata eliminata in quattro paesi nella regione delle Americhe; il numero annuale di casi di tripanosomiasi africana umana è sceso da oltre 7.000 nel 2012 a meno di 1.000 nel 2018, eclissando l’obiettivo originario di 2.000 casi entro il 2020; e il numero di nuovi casi di lebbra segnalati a livello globale ha continuato a diminuire dal 2010 a una media dell’1% all’anno dopo che la maggior parte dei paesi endemici ha raggiunto l’eliminazione come problema di salute pubblica (meno di un caso in cura per 10.000 abitanti).

“È necessaria un’azione programmatica continua – afferma l’OMS nel documento – in particolare nelle aree più povere. Serve pertanto uno stretto coordinamento e un’azione multisettoriale all’interno e al di fuori del settore sanitario, che comprende non solo il controllo dei vettori, come l’acqua e i servizi igienico-sanitari, ma anche, ad esempio, l’istruzione e la consapevolezza della salute pubblica”.

Durante la settimana del 30 gennaio in 35 paesi diversi, tra cui l’Italia, inclusi 23 paesi endemici per le NTDs, sono stati organizzati più di 90 eventi. Per tutte le informazioni si possono consultare i siti web

https://worldntdday.org/

https://www.who.int/news/item/11-01-2021-neglected-tropical-diseases-who-to-formally-launch-new-road-map-for-next-decade

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) insieme alla Società Italiana di Parassitologia (SoIPa), la Società Italiana di Medicina Tropicale e Salute Globale (SIMET), la Società Italiana di Malattie Infettive e  Tropicali (SIMIT), la Fondazione Ivo De Carneri, l’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, Sightsavers Italia Onlus, l’Associazione italiana amici di Raoul Follereau (AIFO), l’Università degli Studi di Milano (UniMI) ed il suo Centre for Multidisciplinary Research in Health Science (MACH) sono uniti nel riconoscere la rilevanza globale di queste malattie neglette e nel celebrarne, il 30 gennaio, la giornata mondiale.

#BeatNTDs #WorldNTDDay

 

Fonte: ISS




La proposta italiana per la sorveglianza viro-immunologica del COVID-19

Una rete di monitoraggio che costituirà la proposta italiana per la sorveglianza delle mutazioni responsabili delle infezioni emergenti e la valutazione dell’efficacia e della durata della vaccinazione. Oggi al Ministero della Salute è stata annunciata la nascita del Consorzio Italiano per la genotipizzazione e fenotipizzazione di SARS-CoV-2 e per il monitoraggio della risposta immunitaria alla vaccinazione. L’iniziativa è stata presentata nell’ambito del Tavolo Tecnico per la sorveglianza viro-immunologica di infezioni emergenti, istituito al Ministero della Salute lo scorso 19 gennaio su input del Vice Ministro della Salute Pierpaolo Sileri e con il coordinamento e la supervisione dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Il progetto vede il patrocinio dalla Società Italiana di Virologia che si farà parte attiva per riunire le competenze virologiche cliniche, di base, veterinarie e bioinformatiche presenti in Italia.

Alla conferenza stampa sono intervenuti Silvio Brusaferro, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Giorgio Palù, Presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco, Giovanni Rezza, Direttore Generale della Prevenzione del Ministero della Salute, Arnaldo Caruso, Presidente Società Italiana di Virologia, Paola Stefanelli, Direttrice del Reparto Malattie Prevenibili da vaccino del Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, e lo stesso Vice Ministro della Salute, Pierpaolo Sileri, che ha spiegato: “Il Consorzio sarà utile non solo per la pandemia attuale ma per il gruppo di ricerca che continuerà a lavorare sugli aspetti epidemiologici di eventuali nuove epidemie. Ne vivremo altre e bisogna esser pronti, come ha già spiegato più volte l’Organizzazione Mondiale della Sanità“.

L’efficacia dell’attuale campagna di vaccinazione per COVID-19 dipenderà dalle risposte immunitarie che il vaccino riuscirà a indurre nei soggetti vaccinati, dalla loro durata e dalla sensibilità delle varianti di SARS-CoV-2 circolanti alla neutralizzazione. Sono informazioni di grande importanza per le implicazioni nella protezione da infezioni contro le diverse varianti del virus e nel potenziale futuro decorso della pandemia. In aggiunta alle verifiche sulla sicurezza dei vaccini e sulla loro corretta conservazione e somministrazione messe in atto dall’AIFA, sarà necessario affrontare tutti i problemi legati ad un corretto e puntuale monitoraggio viro-immunologico.
Il Consorzio, promosso e sostenuto dal Ministero della Salute, sarà coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) con il compito di supervisione gli aspetti relativi ai controlli di qualità, alle elaborazioni dei dati epidemiologici-clinici, alla banca biologica.
Sarà costituito da una rete di laboratori identificati sull’intero territorio nazionale che provvederà a fornire su larga scala e rapidamente le sequenze del genoma SARS-CoV-2 circolanti in Italia, permettendo all’Istituto Superiore di Sanità di monitorare l’evoluzione genetica del virus e la durata dell’immunità indotta dai vaccini.

I dati ottenuti dai laboratori di riferimento saranno inviati all’ISS mediante opportuni report a flusso continuo e posti al vaglio di uno specifico Comitato Tecnico-Scientifico a supporto dell’ISS e dell’AIFA e facente capo al Ministero della Salute.
Tutti i dati ottenuti forniranno indicazioni sull’andamento della immunità conseguita in seguito alla somministrazione di vaccini a diversa formulazione e saranno fondamentali per monitorare e prevenire la diffusione sul territorio Nazionale di mutanti e/o varianti virali in grado di sfuggire alla risposta anticorpale evocata dai vaccini.
IL TAVOLO TECNICO
Il tavolo tecnico per la sorveglianza viro-immunologica di infezioni emergenti esamina ed individua risposte all’attuale emergenza epidemiologica da COVID-19 e ad eventuali future emergenze microbiche. Costituisce una core-facility, come già avviene in altri Paesi, per favorire l’approfondimento dell’evoluzione molecolare di SARS-CoV-2, il monitoraggio dell’insorgenza di mutazioni nel genoma virale, il loro impatto sulla struttura, patogenesi, virulenza e risposta immunitaria anticorpo e cellulo-mediata nei confronti del virus, soprattutto in considerazione dell’introduzione della vaccinazione di massa per COVID-19
Fonte: Ministero della Salute



NutrInform Battery. Pubblicato il Manuale d’uso

Il Manuale fornisce le condizioni d’uso del marchio NutrInform Battery nonché le indicazioni sulla sua progettazione, presentazione e posizionamento in coerenza con le modalità di presentazione delle informazioni di cui al regolamento (UE) n. 1169/2011.

Il Manuale è pubblicato ai sensi dell’articolo 1, comma 4 del Decreto 19 novembre 2020 “Forma di presentazione e condizioni di utilizzo del logo nutrizionale facoltativo complementare alla dichiarazione nutrizionale in applicazione dell’articolo 35 del regolamento (UE) 1169/2011” pubblicato in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 304 del 7 dicembre 2020.

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I grandi carnivori riconquistano il territorio

Imbattersi in una lince, sentire l’ululato di un lupo, osservare un orso. Forse potrebbe non essere più tanto difficile e insolito in alcune aree, non ora che queste specie stanno ricolonizzando gran parte della loro storica area di distribuzione in Europa.

Dopo essere stati spinti sull’orlo dell’estinzione nel secolo scorso, negli ultimi decenni linci, lupi e orsi stanno ricolonizzando l’Europa, complici il cambiamento nell’uso del suolo e la diversa densità di popolazione, ma non la graduale espansione delle aree protette. È quanto emerge dal recente studio condotto da un gruppo internazionale di 11 Paesi coordinato da ricercatori del Dipartimento di Biologia e biotecnologie della Sapienza Università di Roma e del Cnr. Questi fattori sembravano aver influenzato il ritorno dei grandi carnivori in Europa negli ultimi 24 anni, ma fino a oggi l’effettivo ruolo svolto era stato poco chiaro. I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista Diversity and Distributions, indicano che tra il 1992 e il 2015 la combinazione di questi elementi abbia contribuito all’aumento della presenza di queste tre specie nell’Europa orientale, nei Balcani, nella penisola iberica nord-occidentale e nella Scandinavia settentrionale, mentre tendenze contrastanti sono emerse per l’Europa occidentale e meridionale.

“È molto probabile che la coesistenza dei grandi carnivori con gli esseri umani in Europa non sia legata solo alla disponibilità di un habitat idoneo, ma anche a fattori come la tolleranza da parte dell’uomo e le politiche per diminuire la caccia di queste specie”, spiega Marta Cimatti della Sapienza, primo autore del lavoro. “Questo permette di avere nuove opportunità per riconciliare la conservazione e la gestione di queste specie con lo sviluppo socioeconomico nelle aree rurali”.

Luca Santini, ricercatore della Sapienza e del Cnr e senior author dello studio, sottolinea: “sfruttare i cambiamenti socioeconomici e paesaggistici per creare nuove opportunità di recupero per le specie sarà una sfida per l’Europa, cui si dovranno affiancare una corretta educazione ambientale, norme legislative e una gestione mirata a mitigare i conflitti fra uomo e fauna selvatica nelle aree recentemente ricolonizzate dai questi grandi carnivori”.

“L’associazione tra il diverso uso del suolo, l’abbandono delle aree rurali, l’aumento delle aree protette e l’espansione dei grandi carnivori in Europa sarà importante anche nei prossimi decenni”, conclude Luigi Boitani della Sapienza, coautore e presidente della Large Carnivore Initiative for Europe, “e suggerisce che la ricolonizzazione di vaste aree europee continuerà e che dunque saranno necessari maggiori sforzi per far coesistere l’uomo e questi grandi carnivori”. 


Riferimenti pubblicazione: “Large carnivore expansion in Europe is associated with human population density and land cover changes – Cimatti M., Ranc N., Benítez-López A., Maiorano L., Boitani L., Cagnacci F., ?engi? M., Ciucci P., Huijbregts M.A.J., Krofel M., López Bao J., Selva N., Andren H., Bautista C., Cirovic D., Hemmingmoore H., Reinhardt I., Maren?e M., Mertzanis Y., Pedrotti L., Trbojevi? I., Zetterberg A., Zwijacz-Kozica T., Santini L – Diversity and Distributions, 2021. DOI 10.1111/ddi.13219
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/ddi.13219

Fonte: CNR




Quanti cinghiali abitano qui?

cinghialeRicercatori dell’Istituto dei sistemi complessi del Cnr e dell’Istituto per la ricerca e la protezione ambientale hanno rivisto le metodiche utilizzabili per il monitoraggio delle popolazioni di cinghiali, dimostrando che l’applicazione del Distance Sampling mediante visori termici consente una stima precisa ed accurata. Si aprono così nuove strade per una gestione sostenibile della specie e per la protezione delle colture e degli allevamenti. Il lavoro è pubblicato sulla rivista Wildlife Biology

Contrariamente a ciò che si può pensare, censire le popolazioni di animali selvatici non è banale, tanto più se la specie vive in foresta ed ha abitudini notturne come il Cinghiale. Ricercatori dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isc) e dell’Istituto per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra) hanno effettuato una serie di censimenti utilizzando il metodo del “distance sampling” e visori termici notturni in diverse aree protette italiane, dimostrando che stimare le popolazioni di cinghiale in maniera precisa ed accurata è possibile. Lo studio – pubblicato sulla rivista Wildlife Biology – è stato condotto in condizioni ambientali molto diverse, che vanno dai boschi mediterranei del Monte Arcosu (Sardegna) alle aree agricole di gran pregio nei Colli Euganei (Veneto), fino alle quote maggiori della montagna appenninica (Foreste Casentinesi, Toscana ed Emilia Romagna): tutti ambienti fortemente influenzati dalla presenza del Cinghiale.
“La disponibilità di stime delle popolazioni può permettere di programmare efficacemente le azioni di controllo necessarie al contenimento della specie e di valutare quanto tali azioni siano state efficaci”, spiega Stefano Focardi del Cnr-Isc, responsabile della ricerca. Infatti la ricerca dimostra che negli ambienti studiati, con uno sforzo accettabile, si possono ottenere stime precise al 20%, un notevole salto di qualità visto che in Europa oggi nessuno riesce a stimare le popolazioni di Cinghiale. “L’articolo presenta un’estesa discussione dei metodi che possono essere usati per il monitoraggio. Visto l’impatto negativo che la specie ha sulle colture e i costi che questo comporta”, aggiunge Barbara Franzetti dell’Ispra, “la possibilità di impostare una gestione adattativa su dati precisi e affidabili rappresenterebbe uno strumento operativo particolarmente utile”. “Un problema potenzialmente molto serio determinato dalla presenza del Cinghiale è la diffusione della peste suina africana, che può severamente impattare negativamente la suinicoltura europea”, conclude Focardi, “e la disponibilità di metodi precisi per la stima delle popolazioni può essere estremamente rilevante per la formulazione delle mappe di rischio”.

Fonte: CNR




Ormai imminente l’eradicazione della peste dei piccoli ruminanti

FAOA livello mondiale, negli ultimi anni, il numero di focolai di peste dei piccoli ruminanti (PPR – peste des petits ruminants), è diminuito di due terzi, mostrando l’impegno della comunità internazionale nel combattere questa malattia animale altamente contagiosa e alimentando le speranze di centrare l’obiettivo dell’eradicazione mondiale di questa malattia entro il 2030.

La PPR può essere letale per gli animali (con un tasso di mortalità che varia dal 30 al 70%) ma non colpisce l’uomo. Ciò premesso, la PPR produce comunque gravi conseguenze per la sicurezza alimentare, nonché per i mezzi di sussistenza e la resilienza delle comunità. Nel 2019 (anno cui si riferiscono gli ultimi dati disponibili) sono scoppiati poco più di 1200 focolai di PPR in tutto il mondo, rispetto agli oltre 3500 del 2015, secondo i nuovi dati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) e i suoi partner.

La riduzione dei focolai di PPR è riconducibile all’impatto delle campagne di vaccinazione in oltre 50 paesi: campagne finanziate e portate avanti con il sostegno della FAO e dei suoi partner. In solo 12 di questi paesi, sono stati vaccinati oltre 300 milioni di capi ovini e caprini fra il 2015 e il 2018. Due le aree geografiche più colpite dalla PPR, con il maggior numero di focolai riscontrati nel periodo 2015-2019; l’Asia (oltre il 75%) e l’Africa (oltre il 24%), ma la malattia potrebbe anche non essere stata documentata in modo completo. Quasi la metà di tutti i focolai del periodo considerato ha interessato solo cinque paesi, sottolineando la necessità urgente di rafforzare la prevenzione e i meccanismi di controllo.

La PPR si è diffusa a un ritmo allarmante negli ultimi 15 anni. Più di 70 paesi, soprattutto in Asia, Africa e Medio Oriente, hanno segnalato la presenza della malattia da quando venne individuata per la prima volta in Côte d’Ivoire negli anni ‘40. Nella sua fase più critica, la malattia, se fuori controllo, rischia di infettare fino all’80% dei 2,5 miliardi di piccoli ruminanti a livello globale, esercitando enorme pressione su alcune delle popolazioni più vulnerabili al mondo.

Per circa 300 milioni di nuclei familiari, i piccoli ruminanti (ovini e caprini) costituiscono una fonte alimentare e di reddito. Tali nuclei, pertanto, rischiano di perdere i loro mezzi di sussistenza se la malattia non viene tenuta sotto controllo. Si stima, inoltre, che la PPR causi perdite economiche fino a 2,1 miliardi di USD l’anno. All’inizio era considerata una malattia come la peste bovina, ma che colpiva solo i piccoli ruminanti domestici. Nel recente passato, tuttavia, la PPR ha infettato cammelli, bovini, bufali e anche varie specie selvatiche, dal bufalo africano fino all’antilope saiga in Asia.

La strada per eradicare la PPR

Nel 2015, la comunità internazionale si è prefissata l’obiettivo di eradicare la PPR entro il 2030. Da allora, la FAO e l’Organizzazione mondiale della sanità animale (OIE) hanno sviluppato e attuato la Strategia mondiale per il controllo e l’eradicazione della PPR. “Eradicare questa malattia è possibile e fondamentale per mettere fine a povertà e fame. Non solo salverebbe una preziosa fonte di cibo e di reddito per molte persone vulnerabili; potrebbe anche prevenire la migrazione di intere famiglie, un rischio che esiste quando vengono distrutti i loro mezzi di sussistenza. Un mondo libero dalla PPR offrirebbe anche più sicurezza e possibilità di emancipazione per le donne rurali, spesso responsabili del bestiame”, afferma Maria Helena Semedo, Vicedirettore generale della FAO.

Da maggio 2020 (ultimi dati disponibili), 58 paesi e una regione della Namibia sono stati riconosciuti “liberi dalla PPR”. Gli ultimi paesi a essere inseriti in questo elenco, l’anno scorso, sono la Russia e il Lesotho. Inoltre, 21 paesi, che non hanno registrato nuovi casi per cinque anni di seguito, possono preparare la documentazione per essere ufficialmente dichiarati, dall’OIE, “paesi liberi dalla PPR”. Per essere considerato ufficialmente libero dalla PPR, il paese è sottoposto a un rigoroso processo in quattro fasi (valutazione, controllo, eradicazione e post-eradicazione) portato avanti da FAO e OIE.

La vaccinazione è essenziale per la prevenzione e il controllo della PPR, sulla base dell’esperienza di successo dell’eradicazione della peste bovina nel 2011 da parte di FAO, OIE e dei loro partner, e della disponibilità di vaccini efficaci contro la PPR. La FAO e l’OIE raccomandano di portare avanti la vaccinazione contro la PPR per due anni consecutivi, seguita dalla vaccinazione degli animali neonati per uno o due anni di seguito.

Principali ostacoli alla lotta contro la PPR

“Se i focolai di PPR sono notevolmente diminuiti negli ultimi anni, resta invece estesa la portata dell’infezione da virus PPR, sia a livello geografico che di animali ospiti, e occorre fare di più per combattere la malattia”, spiega Felix Njeumi, veterinario e Coordinatore del programma PPR della FAO.

La mancanza di vaccini, i movimenti delle greggi e, soprattutto, le sfide logistiche per proseguire il programma vaccinale continuano a rimanere gli ostacoli principali per prevenire e controllare la PPR. Il costo di una dose di vaccino rappresenta circa un ottavo del costo di distribuzione del vaccino.

Nessuno dei vaccini esistenti è termotollerante e, pur esistendo una tecnologia capace di superare il problema della termotolleranza, la maggior parte dei paesi dove la PPR è endemica si trova nell’area geografica tropicale o subtropicale con risorse limitate per garantire la catena del freddo necessaria per la conservazione e il trasporto dei vaccini.

I vaccini esistenti al momento, inoltre, non fanno differenza fra animali infetti e non vaccinati. “Riconosciamo l’assoluta importanza della vaccinazione contro la PPR per eradicare questa malattia e proteggere la salute e il benessere animale, oltre ai mezzi di sussistenza delle persone. La banca dei vaccini contro la PPR offre tempestivamente agli agricoltori vaccini di alta qualità ed economicamente accessibili, grazie ai quali paesi e regioni possono poi dichiararsi liberi dalla PPR”, asserisce Jean-Philippe Dop, Vicedirettore generale dell’OIE per gli Affari istituzionali e le attività regionali.

La banca e le riserve di vaccino contro la PPR costituite dalla FAO, dall’OIE e da altri partner hanno migliorato la garanzia di qualità e la fornitura dei vaccini. Per riuscire a eradicare la PPR, tuttavia, occorre colmare la carenza di finanziamenti per le campagne di vaccinazione e altre attività del programma. La prima fase del programma mondiale contro la PPR prevedeva, come obiettivo, la vaccinazione di 1,5 miliardi di piccoli ruminanti entro la fine del 2021. Il 50% dell’obiettivo è stato raggiunto a metà del 2020, ma la pandemia da COVID-19, l’anno scorso, ha inciso molto negativamente sui servizi veterinari, tra cui anche le vaccinazioni contro la PPR e la documentazione dei focolai.

Conseguenze negative che continueranno nel 2021 con il mondo ancora alle prese con la pandemia. La FAO sottolinea la necessità di attuare misure di prevenzione e controllo, che devono essere coordinate tra paesi confinanti, al fine di limitare il passaggio transfrontaliero della malattia. Inoltre, risulta essenziale rafforzare la sorveglianza e il monitoraggio sierologico post-vaccinale a livello nazionale.

Si stima a 340 milioni di USD la carenza di finanziamenti per il Programma mondiale di eradicazione della PPR. Gravi problemi permangono, sia a livello finanziario che logistico. Tuttavia, gli ultimi dati evidenziano dei progressi, indicando l’impegno dei paesi, della FAO e dell’OIE per eradicare la PPR e giustificando un cauto ottimismo. La seconda fase (2022-2027) del programma sarà elaborata nel 2021.

Fonte: FAO




ISS: uno studio dimostra che i coronavirus dei ricci possono acquisire i geni dell’ospite

coronavirusUn recente studio condotto da ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), dell’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca la Ambientale (ISPRA), dell’Università di Bologna (UNIBO), e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna (IZLER) ha dimostrato la capacità di acquisire geni dell’ospite, da parte di Coronavirus (CoV) del riccio comune (Erinaceus europaeus).

Lo studio, pubblicato su Viruses descrive l’acquisizione del gene CD200 del riccio da parte di un gruppo di CoV identificati in una popolazione di ricci selvatici, campionati in nord Italia. Tali virus appartengono allo stesso gruppo dei CoV responsabili di COVID-19 e MERS, con i quali hanno una stretta somiglianza genetica.

Nei mammiferi, il CD200 ed il suo recettore agiscono come importanti checkpoint della risposta immunitaria che regolano negativamente al fine di prevenire l’eccessivo stimolo infiammatorio che si osserva talvolta nei confronti degli agenti infettivi, compreso SARS-CoV-2, il coronavirus responsabile di COVID-19.

La capacità dei virus di acquisire geni dell’ospite è un fenomeno noto, tuttavia è la prima volta che viene descritto nei CoV. Sebbene il ruolo del CD200 non sia lo stesso in ogni virus, è stato dimostrato che la sua integrazione nel genoma di alcuni virus (Herpesvirus 8 dell’uomo, Rhesus rhadinovirus R15 e Myxoma Virus), ne aumenta la fitness rispetto alla risposta immunitaria dell’ospite.

Il risultato dello studio è di grande rilevanza poiché dimostra l’esistenza, tra i CoV, di un meccanismo evolutivo estremamente raffinato, potenzialmente in grado di conferire proprietà patogenetiche nuove e più vantaggiose a tali agenti infettivi e indica il valore dello studio delle malattie degli animali quali insostituibili modelli di comprensione della patologia nell’uomo.

Fonte: ISS




Insetti commestibili e valutazione scientifica dei nuovi alimenti

 

Insetti

L’EFSA pubblica quest’oggi un insieme di pareri scientifici in esito a richieste di valutazione di nuovi alimenti. Tra i pareri compare la prima valutazione completa di un prodotto proposto come alimento derivato da insetti. Le valutazioni EFSA in termini di sicurezza sono una tappa necessaria per la regolamentazione dei nuovi alimenti in quanto la sua consulenza scientifica affianca il lavoro degli enti europei e nazionali che autorizzano tali prodotti per il mercato europeo.

Dall’entrata in vigore del regolamento sui nuovi alimenti il 1° gennaio 2018 l’EFSA ha ricevuto un gran numero di richieste di valutazione in merito a un’ampia varietà di fonti di alimenti sia tradizionali che inedite. Le richieste di valutazione includono prodotti erboristici derivati da piante, alimenti a base di alghe e frutti non autoctoni, oltre a diverse varietà di insetti commestibili.

La dott.ssa Helle Knutsen, biologa molecolare e tossicologa, è membro del gruppo di esperti dell’EFSA sulla nutrizione umana e presidente del gruppo di lavoro sui nuovi alimenti. Dichiara: “Le richieste di valutazione di nuovi alimenti sono talmente varie che abbiamo bisogno di competenze scientifiche diversificate per valutarle. Tanto per citarne alcune: nutrizione umana, tossicologia, chimica e microbiologia. La composizione del gruppo di lavoro le riflette e, insieme, i nostri scienziati formano un gruppo multidisciplinare di grande esperienza”.

Insetti commestibili

Ermolaos Ververis, chimico ed esperto EFSA in scienza degli alimenti che ha coordinato l’elaborazione del primo parere adottato su insetti usati come nuovi alimenti, ha dichiarato: “Gli insetti sono organismi complessi, e ciò rende problematica la caratterizzazione della composizione dei prodotti alimentari da essi derivati. Comprenderne la microbiologia è di fondamentale importanza, considerato anche che si consuma l’insetto intero.

Vari cibi derivati da insetti vengono spesso dichiarati fonte di proteine per l’alimentazione.

“Le formule a base di insetti possono essere ad elevato contenuto proteico, benché i livelli proteici utili possono risultare sovrastimati quando sia presente la chitina, una delle principali sostanze che compongono l’esoscheletro degli insetti. Un nodo fondamentale della valutazione è che molte allergie alimentari sono connesse alle proteine, per cui dobbiamo valutare anche se il consumo di insetti possa scatenare reazioni allergiche. Tali reazioni possono essere provocate dalla sensibilità individuale alle proteine di insetti, dalla reazione crociata con altri allergeni o da allergeni residuati da mangimi per insetti, ad esempio il glutine.

È un lavoro impegnativo perché la qualità e la disponibilità dei dati varia, e c’è molta diversità tra una specie di insetti e l’altra”.

Ci sono anche ragioni non di natura scientifica che rendono impegnativo lo studio dei nuovi alimenti.

“La marea di richieste di valutazione comporta una notevole mole di lavoro e i termini di scadenza delle valutazioni sono talvolta troppo ravvicinati, soprattutto se le richieste mancano di dati scientifici essenziali”, ha aggiunto la dott.ssa Helle.

“Ma la collaborazione tra esperti è stimolante, ed è gratificante sapere di contribuire a salvaguardare la sicurezza dei nostri cibi”.

Al di là della valutazione dei rischi scientifici

La novità di usare insetti nei cibi ha suscitato grande interesse da parte del pubblico e dei media, per cui le valutazioni scientifiche dell’EFSA sono cruciali per i responsabili politici che debbono decidere se autorizzare o meno tali prodotti prima della loro immissione sul mercato dell’UE.

Giovanni Sogari, ricercatore in ambito sociale e consumeristico all’Università di Parma, ha commentato: “Ci sono ragioni derivanti dalle nostre esperienze sociali e culturali, il cosiddetto ‘fattore disgusto’, che rendono il pensiero di mangiare insetti repellente per molti Europei. Con il tempo e l’esposizione tali atteggiamenti potranno mutare”.

Mario Mazzocchi, esperto di statistica economica e docente presso l’Università di Bologna, ha affermato: “Ci sono chiari vantaggi ambientali ed economici nel sostituire le fonti tradizionali di proteine animali con quelle che richiedono meno mangime, producono meno rifiuti e provocano meno emissioni di gas serra. L’abbassamento di costi e prezzi potrebbe migliorare la disponibilità di alimenti, mentre la nuova domanda creerà nuove opportunità economiche, che potrebbero però interferire con i settori esistenti”.

Gli scienziati EFSA continueranno a inserire le numerose richieste di valutazione di nuovi alimenti nella loro agenda, mentre i responsabili delle decisioni a Bruxelles e nelle capitali nazionali decideranno se tali alimenti debbano essere autorizzati per finire nei piatti europei. In definitiva i consumatori potranno scegliere con fiducia ciò che mangiano, ben sapendo che la relativa sicurezza è stata accuratamente verificata.

Fonte: EFSA

Insetti




AMR: relazione sullo stato di avanzamento del piano d’azione dell’UE

Antibioticoresistenza

La Commissione europea ha pubblicato la sua quinta relazione sullo stato di avanzamento dell’attuazione del piano d’azione europeo One Health contro la resistenza agli antimicrobici, adottato nel giugno 2017. Gli obiettivi chiave di questo piano si basano su tre pilastri principali: rendere l’UE una regione esempio delle best practice; stimolare la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione, nonché dare forma all’agenda globale. Affrontare la resistenza antimicrobica attraverso un approccio One Health è una delle priorità per questa Commissione, come indicato nella lettera d’incarico del Commissario Kyriakides a novembre 2019.

La relazione sullo stato di avanzamento mostra che negli ultimi mesi è stata messa in atto una serie di iniziative in materia di resistenza antimicrobica. Ad esempio, la Commissione ha adottato nella strategia Farm to Fork un obiettivo volto a ridurre del 50% entro il 2030 le vendite complessive di antimicrobici per animali da allevamento e in acquacoltura dell’UE. Questo obiettivo sarà supportato dall’attuazione dei recenti regolamenti sui farmaci ad uso veterinario e mangimi medicati per i quali sono attualmente in fase di elaborazione atti delegati e di attuazione.

Un altro dei principali aggiornamenti del piano d’azione include la nuova decisione di esecuzione (UE) 2020/1729 della Commissione sul monitoraggio e la comunicazione dell’antibiotico resistenza nei batteri responsabili delle zoonosi e in quelli commensali. Anche la Strategia farmaceutica per l’Europa adottata di recente ha indicato la lotta contro la resistenza antimicrobica come un obiettivo chiave. La prossima relazione sullo stato di avanzamento dovrebbe essere pubblicata a metà del 2021.

Il testo della relazione (in inglese)

Fonte: DG Health and Food Safety




L’IZS Abruzzo e Molise coordinerà l’analisi dei dati sulle zoonosi nella UE

Alla fine di questo difficile anno l’Istituto ha ottenuto un ulteriore successo internazionale, aggiudicandosi una gara d’appalto dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) per l’analisi dei dati sulle zoonosi e la produzione del report annuale sulle zoonosi nell’Unione Europea, in conformità alla Direttiva CE 2003/99.

L’EFSA, in collaborazione con la sua agenzia consorella: il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), e gli Stati membri della UE, raccoglie annualmente tutti i dati sul monitoraggio delle malattie zoonotiche, dei microrganismi zoonotici negli esseri umani e negli animali, negli alimenti e nei mangimi, nonché dei focolai di origine alimentare. A seguito di un’analisi approfondita dei dati raccolti, viene redatta la relazione annuale di sintesi dell’Unione Europea sulle zoonosi e sui focolai di origine alimentare.

Aggiudicandosi questa gara, per un valore di circa 2,2 milioni di euro, l’IZSAM coordinerà un consorzio di centri di ricerca composto dall’Istituto Superiore di Sanità, dall’IZS delle Venezie, dall’IZS della Lombardia e dell’Emilia Romagna e dall’Agenzia nazionale francese per la sicurezza alimentare, l’ambiente e il lavoro (ANSES), che comprende più di 40 esperti nelle diverse zoonosi, in epidemiologia e in sanità pubblica.

Il Consorzio si occuperà di analizzare annualmente i dati raccolti da EFSA e ECDC, valutando i trend, la frequenza e la distribuzione geografica delle principali zoonosi nell’Unione Europea, preparando quindi il report annuale. Inoltre svilupperà sistemi innovativi su web per l’interrogazione e la disseminazione dei dati sulle zoonosi e dei risultati delle analisi epidemiologiche svolte.

Il coordinatore del progetto è il dott. Paolo Calistri, responsabile del reparto Epidemiologia e Analisi del Rischio del Centro di Referenza Nazionale per l’Epidemiologia Veterinaria, la Programmazione, l’Informazione e l’Analisi del Rischio dell’IZS dell’Abruzzo e del Molise.

Fonte IZS Abruzzo e Molise