Aperte le iscrizioni per VetNeve 2023 – La prevenzione nel mondo che cambia

Sono aperte le iscrizioni ai corsi ECM di Folgaria!

Vetneve 2023 – La prevenzione nel mondo che cambia vi aspetta come sempre a Folgaria (TN) dal 13 al 18 marzo.

I corsi saranno 2 e si svolgeranno i giorni 13/14 marzo e 16/17 marzo. Ad ogni evento sono stati attribuiti 7 crediti ECM.

Sono rivolti a Medici Veterinari e  Dirigenti Medici (igiene degli alimenti e della nutrizione; igiene, epidemiologia e sanità pubblica).

 

Schede iscrizione ai corsi e programmi

Scheda prenotazione alberghiera




Influenza aviaria H5N1/HPAI in un allevamento di visoni in Spagna

I ricercatori del Laboratorio di referenza europeo per l’influenza aviaria presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), in collaborazione con i colleghi del Laboratorio di referenza nazionale per l’influenza aviaria spagnolo di Madrid (Spagna) e le autorità sanitarie spagnole, hanno identificato un virus influenzale aviario H5N1 ad alta patogenicità (HPAI) in un allevamento di visoni da pelliccia nel nord ovest della Spagna. I risultati delle indagini epidemiologiche, cliniche e genetiche sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Eurosurveillance.

I ricercatori del Laboratorio di referenza europeo per l’influenza aviaria (presso l’IZSVe), in collaborazione con i colleghi del Laboratorio di referenza nazionale per l’influenza aviaria spagnolo di Madrid (Spagna) e le autorità sanitarie spagnole, hanno identificato un virus influenzale aviario H5N1 ad alta patogenicità (HPAI) in un allevamento di visoni da pelliccia nel nord ovest della Spagna.

I fatti risalgono ad ottobre 2022 quando a seguito di un aumento improvviso della mortalità registrato in un allevamento di visoni, alcuni campioni prelevati da animali sintomatici sono stati inviati ai laboratori spagnoli per gli accertamenti analitici. Le analisi hanno permesso di rilevare la presenza del virus H5N1/HPAI.

Al momento è ignoto il meccanismo di introduzione e diffusione del virus in azienda. Tuttavia, considerate le mortalità riscontrate nei volatili selvatici marini nelle settimane precedenti nella stessa regione, causate dal virus H5N1/HPAI, i ricercatori ipotizzano che il virus sia stato introdotto dagli uccelli selvatici. Restano da approfondire i meccanismi di diffusione del virus in azienda e le modalità di trasmissione tra i visoni. Ulteriori studi sono in corso per caratterizzare la virulenza e la trasmissibilità del virus.

Le analisi genetiche hanno consentito di stabilire che il virus appartiene ad un gruppo virale ben conosciuto, responsabile della grave epidemia di influenza aviaria in atto da oltre due anni nei volatili domestici e selvatici in Europa e nel mondo. Sebbene il virus identificato nei visoni si distingua dai ceppi finora descritti nei volatili europei per alcune mutazioni presenti nel suo genoma, si sottolinea che nessuna delle mutazioni rilevate è fra quelle note per rendere un virus H5N1/HPAI trasmissibile efficacemente da uomo a uomo. Gli autori hanno inoltre evidenziato che nessun caso di infezione è stato riscontrato dalle indagini diagnostiche specifiche effettuate dalle autorità sanitarie spagnole negli operatori dell’azienda potenzialmente esposti.

La suscettibilità dei visoni all’infezione con i virus influenzali tipo A umani ed aviari è già stata documentata in diversi studi precedenti. Tuttavia, il caso descritto ricorda l’importanza di implementare adeguati piani di sorveglianza per i virus influenzali in questo settore produttivo e l’assoluta necessità di rafforzare le misure di biosicurezza per prevenire il contatto con i volatili selvatici ed evitare il verificarsi di eventi di trasmissione di virus influenzali dal visone all’uomo e viceversa.

“Questo evento ci ricorda che il virus influenzale aviario ad alta patogenicità H5N1 non è un problema solo dei volatili – sottolinea Isabella Monne, veterinario del Laboratorio di referenza europeo per l’influenza aviaria presso l’IZSVe e coautrice dello studio – È in atto un’emergenza epidemica globale, senza precedenti, che non sconvolge solo la produzione avicola ma che sta colpendo gravemente molte specie di volatili selvatici e sporadicamente anche di mammiferi selvatici, minacciando gravemente la biodiversità del nostro pianeta. La continua circolazione del virus nella popolazione selvatica e le mortalità massive causate dal diffondersi dell’infezione in alcune specie rischia di sbilanciare ulteriormente gli ecosistemi con conseguenze ignote anche sulle dinamiche evolutive del virus. Anche questa emergenza va affrontata con un approccio One Health, globale e multidisciplinare, con la massima attenzione e prontezza, come abbiamo cominciato a capire grazie alla lezione della pandemia da Covid-19. Un virus influenzale capace di causare lo spillover nei mammiferi va fermato prima di diventare un problema per la sanità pubblica”.

Fonte: IZS Venezie




Pescato pesce palla nelle acque del salernitano

In data 8 gennaio 2023, nelle acque antistanti il litorale tra i comuni di Salerno e Cetara, è stata segnalata, da pescatori locali, la cattura all’amo di un raro pesce palla adulto, della lunghezza di 60 cm. L’esemplare è stato identificato come Lagocephalus lagocephalus, specie bentopelagica ben distribuita in acque tropicali e subtropicali, a profondità comprese tra i 10 e 100 metri, piuttosto rara nel Mediterraneo e comunemente conosciuto come capolepre.
Tuttavia non è la rarità della cattura ad aver destato scalpore, quanto la tossicità dei tessuti di tale specie. Infatti il capolepre, appartenente alla famiglia Tetraodontidae, deve la sua pericolosità alla tetradotossina (TTX), una neurotossina termostabile (non inattivata dalla cottura) contenuta principalmente nel tessuto epatico. La TTX se ingerita, infatti, può comportare effetti particolarmente gravi sulla salute dei consumatori, quali vomito, diarrea e alterazioni della conduzione nervosa come convulsioni e paralisi, fino al blocco cardio-respiratorio. La Comunità Europea, per tale motivo, con il Regolamento di esecuzione 627/2019, vieta l’immissione in commercio di prodotti della pesca ottenuti da specie appartenenti alla famiglia Tetraodontidae.

Attualmente, l’esemplare di capolepre è custodito presso la sede della Direzione Operativa C.Ri.S.Sa.P. (Centro di Riferimento Regionale per la Sicurezza Sanitaria del Pescato) dell’ASL Salerno, dove, dopo essere stato correttamente identificato, è stato crioconservato insieme ad altri esemplari di specie tossiche rinvenute nel corso degli anni.

Il rinvenimento è avvenuto in concomitanza con l’avvio di una campagna di sensibilizzazione promossa dal C.Ri.S.Sa.P. rivolta a pescatori professionali, subacquei e operatori del settore, ai quali si chiede di segnalare alle Autorità Sanitarie competenti la cattura accidentale, l’avvistamento o il rinvenimento nei circuiti commerciali di pesci velenosi e specie ittiche aliene. Tale intervento è finalizzato principalmente alla tutela della salute dei consumatori nonché all’acquisizione di informazioni relative alla presenza e diffusione nei nostri mari di tali specie, sensibilmente aumentate negli ultimi anni, di pari passo con il continuo riscaldamento delle acque del Mediterraneo.

Fonte: Sede operativa ASL Salerno C.Ri.S.Sa.P. (Centro di Riferimento Regionale per la Sicurezza Sanitaria del Pescato)




Pubblicati gli atti ECM Vercelli

 

Sono online gli atti del corso dal titolo: “Il percorso degli alimenti: dalla produzione al recupero e ancora una nuova vita. Gli strumenti a disposizione” svoltosi a Vercelli il 13 dicembre u.s..

Durante il corso è stato descritto come gli alimenti diventano strumenti essenziali per la vita: come possano essere messi a disposizione di tutti attraverso il recupero delle eccedenze e come possano anche gli scarti essere utilizzati nell’alimentazione animale.

Scarica gli atti




Testati con successo i vaccini a DNA contro le malattie virali della trota iridea

L’Italia è tra i primi produttori di trota iridea (Oncorhynchus mykiss) in Europa. La produzione è tuttavia fortemente limitata dall’impatto di due malattie virali, la Setticemia emorragica virale (SEV) e la Necrosi ematopoietica infettiva (NEI). Entrambe le malattie sono sostenute da virus appartenenti alla famiglia Rhabdoviridae e sono endemiche sul territorio nazionale. L’unica misura di controllo efficace per risolvere i focolai di SEV e NEI risulta essere l’eradicazione, che prevede lo svuotamento dell’intero stabilimento coinvolto, sia dagli animali che dall’acqua, e la pulizia e disinfezione delle attrezzature e delle vasche di stabulazione.

Ricercatori dell’IZSVe hanno valutato con una sperimentazione l’efficacia dei vaccini a DNA contro la Setticemia emorragica virale (SEV) e la Necrosi ematopoietica infettiva (NEI), due malattie virali che colpiscono la trota iridea e che limitano fortemente lo sviluppo dell’allevamento di questa specie. I vaccini hanno dimostrato per la prima volta di ridurre sensibilmente le mortalità indotte da SEV e NEI, e quindi di essere efficaci e sicuri.

Un recente progetto di ricerca dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (RC IZSVE 09/18), finanziato dal Ministero della Salute, ha valutato l’efficacia di vaccini a DNA contro queste due malattie virali della trota iridea, progettati a partire da sequenze della glicoproteina G (la proteina responsabile della produzione di anticorpi neutralizzanti) di ceppi italiani di virus della SEV e della NEI recentemente isolati nel territorio nazionale.

Dapprima è stata eseguita una prova in condizioni controllate presso l’acquario sperimentale dell’IZSVe, durante la quale due diverse dosi di vaccino per SEV e per NEI sono state testate singolarmente ed in combinazione per efficacia e sicurezza. Sulla base dei risultati ottenuti, la dose più alta è stata selezionata per l’esecuzione di una prova di campo.

La sperimentazione su campo, autorizzata dal Ministero della Salute, è stata condotta in uno stabilimento situato nella provincia autonoma di Trento tra ottobre 2020 e luglio 2021 e ha rappresentato la prima applicazione in campo dei vaccini a DNA per SEV e NEI in trota iridea. Gli animali sono stati suddivisi in tre gruppi sperimentali: un gruppo di controllo non vaccinato, un gruppo vaccinato con il vaccino per SEV e un gruppo vaccinato sia contro SEV che contro NEI. Al termine del periodo di osservazione, i vaccini utilizzati hanno dimostrato di ridurre sensibilmente le mortalità indotte da SEV e NEI, e quindi di essere efficaci e sicuri. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Vaccines, nella special issue dedicata ai vaccini in acquacoltura.

I vaccini rappresentano un valido aiuto per proteggere i pesci allevati dalle malattie e ridurre le perdite economiche, in aggiunta alle misure di biosicurezza messe in atto per prevenire l’introduzione di malattie in allevamento, la cui applicazione tuttavia non sempre è in grado di difendere in modo completo ed efficace gli animali dagli agenti patogeni.

Fonte: IZS Venezie




Cambiamento climatico e One Health, un solo Pianeta, un solo Oceano

Sebbene i mari e gli oceani coprano il 70% della superficie del nostro Pianeta, gli ecosistemi terrestri e gli organismi vertebrati ed invertebrati che li popolano hanno da tempo immemorabile goduto e continuano tuttora a godere di ben maggiore attenzione sul piano mediatico, narrativo e scientifico, in un contesto di riferimento sempre più “antropomorfico ed antropocentrico”.

Ben 8 miliardi di persone vivono attualmente sul nostro Pianeta e la popolazione terrestre potrebbe arrivare a sfiorare l’iperbolica cifra di 11 miliardi alla fine di questo secolo!

Un siffatto scenario si tradurrà, con ogni probabilità, in una potente “vis a tergo” rispetto alla comparsa di nuove pandemie, prime fra tutte quelle da virus influenzali ad elevata patogenicita’, nonché da agenti veicolati da artropodi e da batteri antibiotico-resistenti, successivamente alla presente pandemia da SARS-CoV-2 – il betacoronavirus responsabile della CoViD-19, verosimilmente emerso nel 2019 da un serbatoio animale primario (pipistrelli del genere Rinolophus) -, che avrebbe sin qui provocato la morte di quasi 7 milioni di individui.

La prima, fondamentale lezione che ci è stata insegnata dalla pandemia da SARS-CoV-2 e’ che tutti gli esseri viventi che popolano il nostro Pianeta sono reciprocamente interconnessi, così come la salute degli organismi terrestri risulta intimamente collegata a quella degli organismi marini e viceversa. Due illuminanti esempi potrebbero essere costituiti, a tal proposito, dalla crescente contaminazione chimica e da macro-meso-micro-nanoplastiche dei nostri mari, entrambe di chiara matrice antropogenica. Quella da materie plastiche, in particolare, sarebbe stata fortemente alimentata dalle innumerevoli mascherine e dagli altrettanto innumerevoli guanti che ci hanno validamente difeso e continuano tuttora a proteggerci dal coronavirus SARS-CoV-2, oltre che da una folta gamma di ulteriori agenti, virali e non, in grado di colonizzare le nostre vie respiratorie.

Quanto sopra esposto giustificherebbe ampiamente la definizione di “Antropocene” che e’ stata giustappunto coniata per la nostra era, vista e considerata l’abnorme quanto inedita “impronta ecologica” impressa dal genere umano su Madre Terra! Il cambiamento climatico, eloquentemente documentato dal riscaldamento globale (gli 8 anni appena trascorsi sono stati i più caldi degli ultimi 140 anni!), si sta traducendo in un progressivo scioglimento delle calotte glaciali artiche ed antartiche, con conseguente aumento del livello degli oceani e dei mari e con la contestuale migrazione verso latitudini via via più settentrionali di molte specie e popolazioni di mammiferi acquatici, secondariamente allo spostamento verso nord delle relative prede e fonti alimentari ittiche. E, di pari passo con la traslocazione di prede e predatori, si spostano pure gli agenti infettivi veicolati dagli stessi!

Al riguardo, numerosi agenti patogeni capaci d’infettare sia i Pinnipedi che i Cetacei – quali ad esempio Toxoplasma gondii, Listeria monocytogenes e Salmonella spp. – risultano caratterizzati da un “ciclo vitale” terrestre, vale a dire che a seguito di fenomeni meteo-climatici estremi quali alluvioni, frane, inondazioni essi possono trasferirsi agli ecosistemi marini ed essere in tal modo acquisiti dai mammiferi acquatici ed, in primis, da quelli che vivono in prossimità delle coste, quali ad esempio i tursiopi (Tursiops truncatus).

Ecco come la salute, le infezioni e le condizioni patologiche proprie degli organismi terrestri, ivi compreso Homo sapiens sapiens, risultano intimamente connesse a quelle delle creature popolanti gli ecosistemi marini!

Tutto ciò viene magistralmente riassunto, infine, dalla celeberrima frase riportata nella missiva scritta il 5 Giugno 2020 da Papa Francesco a Ivan Duque Marquez, il Presidente della Colombia, in occasione della Giornata Mondiale per l’Ambiente:

“Non possiamo pretendere di vivere sani in un mondo malato”.

Intelligenti Pauca!

Giovanni Di Guardo, DVM, Dipl. ECVP,

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo

 




Indagine ISPRA sulla gestione del cinghiale in Italia nel periodo 2015-2021

cinghialiAl 2021 stimato un milione e mezzo di cinghiali in italia. In sette anni, abbattimento aumentato del 45. Danni all’agricoltura per 120 milioni di €. Abruzzo e Piemonte le regioni più colpite

Cinghiali, continua la crescita degli abbattimenti (o prelievi) e dei danni: nel periodo 2015-21 il prelievo di cinghiali è aumentato del 45% e in media sono stati abbattuti circa 300.000 cinghiali all’anno (di cui 257.000 in caccia ordinaria e 42.000 in interventi di controllo faunistico). Nello stesso periodo, gli importi annuali dei danni all’agricoltura sono oscillati tra 14,6 e 18,7 milioni di €, con una media annuale pari a oltre 17 milioni di €. 
Sono alcuni dei risultati della prima indagine di dettaglio a scala nazionale che ISPRA ha realizzato grazie alle informazioni fornite dalle Regioni e dalle Aree protette e che l’Istituto ha comunicato ai ministri dell’Ambiente e dell’Agricoltura.

Comunicato stampa

Fonte: ISPRA




Nuovo virus dei suini sbarca in Europa

In data 11/01/2023, nel Regno Unito è stato confermato l’isolamento di Seneca Valley Virus (SVV) in 5 suini che presentavano lesioni vescicolari, identificate nel corso del 2022. L’introduzione di questo virus, segnalato per la prima volta in Europa, pone le basi per lo sviluppo di un’attività di monitoraggio e diagnosi. La sua rilevanza risiede nella possibilità di essere indagato nella diagnosi differenziale nei confronti di afta, malattia vescicolare del suino e stomatite vescicolare. Tale aspetto riveste un’importanza strategica per l’IZSLER nel controllo delle malattie vescicolari. SVV appartiene alla famiglia dei Picornaviridae ed è originario del Nord America. Il primo isolamento risale al 2002 come risultato di una contaminazione accidentale di una linea cellulare, ma studi retrospettivi hanno dimostrato la sua circolazione negli USA fin dagli anni ’80.

SSV infetta i suini provocando fenomeni di zoppia successivi alla formazione di vescicole contemporaneamente presenti anche in tutti gli arti. La rottura delle vescicole può portare alla formazione di ulcere con sanguinamento. Solitamente la malattia è di breve durata, non sembra avere gravi impatti sulla produzione e può decorrere anche in forma subclinica o asintomatica; tuttavia, negli allevamenti infetti sono stati registrati notevoli incrementi della morbilità e mortalità dei suinetti in età neonatale.

Il suino rappresenta l’ospite naturale di tale patogeno, ma è stato dimostrato che alcuni roditori e insetti potrebbero avere un ruolo nella diffusione del virus fungendo da serbatoio e/o da vettore dell’infezione. Non vi sono ad oggi evidenze di possibile coinvolgimento dell’uomo.

Si ipotizza che la contaminazione degli alimenti e dell’ambiente siano essenziali nella trasmissione del virus ma non sono chiari i meccanismi che determinano l’ingresso del virus in un’area indenne. Dal 2014 si è assistito a una notevole diffusione sia in Sud America (Colombia e Brasile) che nel continente asiatico (Cina, Thailandia e Vietnam). I casi riportati in UK rappresentano la prima segnalazione in Europa, ma non è chiaro quale sia stata la via di ingresso.

Il sequenziamento del genoma completo ha evidenziato l’appartenenza a due cluster distinti, che però deriverebbero da un ceppo ancestrale comune identificato negli USA nel 2020.

Alla luce di questo riscontro, data la costante attenzione verso malattie come afta, malattia vescicolare, stomatite vescicolare, Lumpy Skin Disease non presenti nel nostro Paese, è necessario includere tale infezione virale nella diagnostica differenziale. Considerando la difficoltà incontrata nell’indagine epidemiologica legata a questi casi e l’assenza di profilassi vaccinali, è inoltre raccomandabile applicare le corrette pratiche di biosicurezza in allevamento e durante tutte le fasi di produzione.

Fonte: IZS Lombardia Emilia Romagna




L’impatto dell’antibiotico-resistenza in Europa e nel mondo

AntibioticoresistenzaLe malattie infettive sono da lungo tempo considerate una priorità di salute pubblica globale a causa del loro forte impatto in termini di salute sulla popolazione. Prima i vaccini e poi gli antibiotici ne hanno modificato la storia, riducendo notevolmente la circolazione dei patogeni e la mortalità per malattie infettive trasmissibili.

Ad oggi, quasi un secolo dopo la scoperta del primo antibiotico, l’antibiotico-resistenza rappresenta una delle principali minacce alla salute pubblica, e, secondo le stime, potrebbe causare la morte di 10 milioni di persone all’anno entro il 2050. Per questo la sua diffusione è un problema urgente che richiede un intervento globale e un piano d’azione coordinato.

Alcuni studi hanno evidenziato che le infezioni da patogeni resistenti agli antibiotici hanno un notevole impatto per la salute pubblica, espresso come decessi attribuibili e anni di vita aggiustati per la disabilità (Disability Adjusted Life Years -DALY). Questi studi sono utili perché una delle principali sfide per contrastare l’antibiotico-resistenza è comprendere il vero impatto del fenomeno, in particolare nelle regioni del mondo dove la sorveglianza è limitata e i dati sono scarsi.

Avere delle stime sul numero di decessi dovuti alle infezioni da patogeni resistenti agli antibiotici e sulle loro cause è importante perché permette di programmare interventi di prevenzione e controllo, di definire le priorità per vaccini e farmaci in fase di sviluppo, e conseguentemente di ridurre i decessi associati o attribuibili a queste infezioni.

Queste stime non sono sempre disponibili per tutti i patogeni, a volte sono incomplete (es. per S. pneumoniae le stime sono per lo più ristrette ai bambini di età inferiore a 5 anni e alle infezioni causa di polmonite o meningite) e non coprono tutti i paesi o tutte le combinazioni patogeno-antibiotico.

Ad oggi gli studi sulle cause di mortalità dovuta a patogeni batterici comuni sono limitati, mentre esistono studi che riportano stime per agenti patogeni come Mycobacterium tubercolosisPlasmodium spp e HIV.

Un recente studio pubblicato nel 2022 ha stimato la mortalità globale associata a 33 specie batteriche considerando 11 sindromi infettive. Questo studio stima che nel 2019 si sono verificati 13,7 milioni di decessi per infezioni a livello globale, dei quali 7,7 milioni associati alle33 specie batteriche sia sensibili che resistenti agli antibiotici. I risultati mostrano che più della metà dei decessi sono stati causati da cinque principali batteri patogeni quali Staphylococcus aureusEscherichia coliStreptococcus pneumoniaeKlebsiella pneumoniae e Pseudomonas aeruginosa. Questi batteri erano associati al 13,6% di tutti i decessi a livello globale e al 56,2% di tutte le morti per sepsi nel 2019. In particolare, lo S. aureus è stato associato a più di 1 milione di morti.

Un altro studio, anch’esso pubblicato recentemente (gennaio 2022), descrive un’approfondita analisi dell’impatto sanitario dell’antibiotico-resistenza per 23 patogeni e 88 combinazioni patogeno-antibiotico in 204 paesi, utilizzando specifici modelli statistici anche per le regioni del mondo per le quali non ci sono dati disponibili. È stato stimato che nel 2019, 4,95 milioni di decessi sono stati associati all’AMR, di cui 1,27 milioni di decessi direttamente attribuibili alla resistenza, cioè all’incirca la mortalità per malaria e HIV messi insieme.

Considerando tutte le età, il tasso più elevato di mortalità attribuibile alla resistenza è stato riportato nell’Africa subsahariana occidentale (27,3 decessi per 100.000 abitanti) e il più basso in Australasia (6,5 decessi per 100.000 abitanti). Le infezioni delle vie respiratorie inferiori hanno causato 1,5 milioni di decessi associati alla resistenza nel 2019, rappresentando una delle sindromi infettive più gravi.

Secondo questo studio, sei principali batteri patogeni (E. coliS. aureusK. pneumoniaeS. pneumoniaeP. aeruginosa e A. baumannii) hanno provocato 929.000 decessi attribuibili alla resistenza agli antibiotici e 3,57 milioni di decessi associati alla resistenzavagli antibiotici. In particolare, la combinazione patogeno-antibiotico, S. aureus con resistenza alla meticillina, ha causato più di 100.000 decessi.

I risultati di questo studio indicano che la resistenza dei batteri agli antibiotici è un problema di salute pubblica la cui dimensione è importante almeno quanto le principali malattie infettive, come HIV e malaria, e potenzialmente maggiore.

A livello europeo anche l’ECDC ha pubblicato un rapporto con le stime del numero annuale di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici, del numero di decessi attribuibili, del numero e del tasso di anni di vita aggiustati per disabilità (DALY) e i tassi DALY specifici per gruppo di età.

È stato stimato che tra il 2016 e il 2020, il numero annuo di casi di infezioni da batteri resistenti a determinate classi antibiotiche (dati EARS-Net) nei Paesi dell’UE/SEE variava da 685.433 nel 2016 a 865.767 nel 2019 e 801.517 nel 2020, con un numero annuo di decessi attribuibili che va da 30.730 nel 2016 a 38.710 nel 2019 e 35.813 nel 2020. Se analizzate come DALY, le infezioni hanno portato a un impatto sanitario annuale che va da 909.488 nel 2016 a 1.101.288 nel 2019 e 1.014.799 nel 2020. È stato stimato che il 70,9% dei casi di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici erano infezioni correlate all’assistenza.

Questo dimostra che dal 2016 al 2020 sono state osservate tendenze significativamente in aumento nel numero stimato di infezioni, decessi attribuibili e DALY per 100.000 abitanti a causa dell’antibiotico-resistenza, sebbene i numeri siano leggermente diminuiti dal 2019 al 2020. Il carico maggiore di malattia è stato causato da E. coli resistente alle cefalosporine di terza generazione, seguito da S. aureus resistente alla meticillina e K. pneumoniae resistente alle cefalosporine di terza generazione. Il peso totale specifico per gruppo di età era più alto nei neonati e negli anziani (oltre 65 anni).

Aggiustato per la numerosità della popolazione, il carico complessivo di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici è stato stimato essere il più alto in Grecia, Italia e Romania, ognuna con in totale più di 2000 DALY, stimati per 100.000 abitanti, nel periodo 2016-2020.

I cambiamenti nelle stime annuali dell’impatto, riporta l’ECDC, possono essere stati influenzati da cambiamenti nella sorveglianza o da cambiamenti nelle pratiche sanitarie, come nel 2020, quando la pandemia di COVID-19 ha messo sotto pressione tutti i servizi sanitari nei Paesi dell’UE/SEE. Parte della diminuzione nel 2020 può anche essere spiegata dalle misure adottate per controllare la diffusione di COVID-19, compresi i cambiamenti nella prevenzione e nel controllo delle infezioni, e i cambiamenti nella gestione dei pazienti negli ospedali a causa delle diverse pratiche di ricovero durante la pandemia.

Fonte: ISS




Salvaguardia dell’ambiente, della salute dell’uomo e degli animali: il resoconto Unep del 2022

Un anno di risultati. Grandi o piccoli sarà il futuro a decretarlo. Ma per il pianeta è importante provarci. Il programma sull’ambiente delle Nazioni Unite (Unep) ha fatto il resoconto delle pietre miliari ambientali del 2022.  

La risoluzione per porre fine all’inquinamento da plastica

Lo scorso 2 marzo, il ministro dell’Ambiente norvegese, Espen Barth Eide, ha suggellato una risoluzione globale con l’obiettivo di porre fine all’inquinamento da plastica, a lungo considerato uno dei problemi ambientali più urgenti del pianeta. L’accordo è stato uno dei tanti importanti passi in avanti nella tutela dell’ambiente che sono stati fatti nel corso del 2022, definito anno storico per il pianeta.  

Plastica: un pericolo per l’ambiente

Ogni anno vengono generati quasi 400 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, una cifra destinata a raddoppiare entro il 2040. Solo una frazione di questi viene riciclata, il resto finisce nell’ambiente e soprattutto negli oceani, causando danni a esseri umani e alla fauna selvatica. La risoluzione adottata dall’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente a Nairobi, in Kenya, impegna le nazioni a mettere in atto una bozza di accordo entro la fine del 2024. 

50 anni di Unep

Sempre a marzo scorso, i delegati di tutto il mondo si sono riuniti in Kenya per una sessione speciale dell’Unep per commemorare il suo 50esimo anniversario. L’evento ha visto i partecipanti fare il punto su tutto ciò che è stato raggiunto negli ultimi cinquant’anni, inclusi gli sforzi per riparare lo strato di ozono, eliminare gradualmente il carburante con piombo e proteggere le specie in via di estinzione.  

La nascita del movimento ambientalista

A giugno 2022, nella capitale della Svezia, si è tenuto l’incontro internazionale di Stoccolma per commemorare il 50esimo anniversario della Conference on the Human Environment del 1972, considerata la nascita del moderno movimento ambientalista. È stata anche l’occasione per discutere degli obiettivi di sviluppo sostenibile e per affrontare la tripla crisi planetaria del cambiamento climatico, della natura e della perdita di biodiversità, dell’inquinamento e dei rifiuti. 

Il diritto a un ambiente sano e pulito

A luglio 2022, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato che tutti gli abitanti del pianeta hanno diritto a un ambiente sano e pulito e ha invitato gli Stati a intensificare gli sforzi per proteggere la natura. La delibera non è giuridicamente vincolante. Ma i sostenitori sperano che spingerà i Paesi a sancire il diritto a un ambiente sano nelle loro costituzioni, consentendo agli attivisti di sfidare politiche e progetti distruttivi per l’ambiente. 

Attività di sensibilizzazione

Quest’anno, le campagne dell’Unep hanno sensibilizzato su una moltitudine di questioni ambientali. La Giornata mondiale dell’ambiente, la  Giornata internazionale dell’aria pulita per i cieli blu e la Giornata internazionale della consapevolezza delle perdite e degli sprechi alimentari hanno coinvolto milioni di persone in tutto il mondo, contribuendo a mettere l’ambiente al centro dell’attenzione pubblica. Nel frattempo, due importanti studi dell’Unep, l’Emissions Gap Report e l’Adaptation Gap Report, hanno puntato i riflettori sulla portata della crisi climatica e su ciò che l’umanità deve fare per evitare il peggio del cambiamento climatico. 

Cop27

Lo scorso novembre, alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop27 ) in Egitto, gli Stati membri hanno concordato di istituire un fondo che sosterrà i Paesi in via di sviluppo alle prese con le conseguenze della crisi climatica. In un accordo definito dagli osservatori storico, il cosiddetto fondo loss and damage mira ad aiutare le nazioni vulnerabili a far fronte a siccità, inondazioni e mare in aumento, che dovrebbero diventare più gravi man mano che il clima del pianeta cambia. 

Cop15

Nell’ultimo mese di quest’anno, si è conclusa la Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (Cop15), a Montreal in Canada, con un accordo storico per guidare l’azione globale sull’ambiente fino al 2030. Il quadro globale per la biodiversità Kunming-Montreal include misure concrete per arrestare e invertire la perdita della natura, tra le quali mettere sotto protezione il 30% del pianeta e il 30% degli ecosistemi degradati entro il 2030. L’accordo è stato pensato per contrastare quella che gli esperti definiscono un’allarmante perdita di biodiversità. Secondo un rapporto Ipbes del 2019, infatti, ci sarebbe un milione di specie che va verso l’estinzione, molte minacciate dall’attività umana. 

Fonte: aboutpharma.com