ECM Sicilia: Animali da Compagnia – Pubblicati gli interventi

Sono online i documenti relativi al corso ECM dal titolo “ANIMALI DA COMPAGNIA E SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO: LE RAGIONI DEL CAMBIAMENTO” che si è tenuto a Caltanissetta il 19 luglio.

Da un’indagine condotta nel 2023, il 44 % dei cittadini dell’Unione possiede animali da compagnia, le stime sono pari a 72,7 milioni di cani e 83,6 milioni di gatti.
Il loro commercio risulta quindi estremamente redditizio, con un valore annuo stimato per l’UE di 1,3 miliardi di Euro, attraente per gli operatori disposti a intraprendere pratiche commerciali sleali o addirittura illecite, con allevamenti e negozi che vendono cuccioli di cani e gatti di tutte le età.
Molti cani e gatti sono oggetto di commerci e trasporti illegali, anche da paesi terzi.

Deve essere sottolineato che la mancanza di tracciabilità e di un’adeguata copertura vaccinale comporta gravi rischi di trasmissione di zoonosi (rabbia, echinococcosi) con un rischio complessivo per la salute pubblica nell’Unione.
Le carenze alimentari associate a bassi livelli di igiene indeboliscono i sistemi immunitari degli animali e spesso determinano un maggior uso di antimicrobici, che influiscono sullo sviluppo di infezioni resistenti agli antibiotici nell’uomo.
Implementare misure relative alle visite veterinarie, ai requisiti minimi in materia di alimentazione, stabulazione, salute ed esigenze comportamentali, risulta necessario per proteggere la salute degli animali e per tutelare la salute pubblica. Un’adeguata attenzione agli aspetti comportamentali ed alla socializzazione risulta fondamentale, infatti, tali aspetti possono determinare problemi che col tempo conducono a sviluppare comportamenti aggressivi con gravi riflessi sulla sicurezza pubblica.

La Regione Siciliana, in attuazione dei principi di cui alla legge 15 del 3 agosto 2022 tutela gli animali in quanto esseri senzienti, al fine di assicurare loro un’esistenza compatibile con le proprie caratteristiche biologiche ed etologiche e condanna gli atti di crudeltà verso gli animali e il loro abbandono.

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Collegi e Centri Formativi Onaosi, “un’opportunità concreta per i propri figli”

Una proposta di vita integrale, che coniuga il comfort della formula residenziale, accanto ad un’ampia scelta di servizi formativi modellati sulle passioni degli studenti e sul loro percorso di studi. I Collegi e Centri Formativi della Fondazione Onaosi sono “un’opportunità concreta e vantaggiosa, si trovano a Torino, Pavia, Milano, Padova, Bologna, Perugia, Napoli e Messina e accolgono i figli di medici chirurghi, odontoiatri, medici veterinari e farmacisti, contribuenti obbligatori o volontari, con l’intento di fornire loro accoglienza e servizi sempre più rispondenti alle crescenti esigenze dei giovani impegnati in un percorso di studi superiore, senza trascurare scambi culturali in Italia ed all’estero, partecipazione a progetti di ricerca, attività culturali e sportive, che concorrono concretamente alla crescita dell’individuo nella sua globalità”.

I Collegi/Centri Oltre al servizio educativo, svolto dagli Educatori e da studenti Tutor, scelti ogni anno tra i più meritevoli, spiega la Fondazione, “vi sono anche il servizio di internet, pulizia e fornitura di biancheria da camera e da bagno. A questi, nei Collegi presenti a Perugia, si aggiunge il servizio di mensa (colazione, pranzo e cena), per permettere agli studenti di concentrarsi esclusivamente nello studio e nelle attività formative complementari. Ogni anno vengono organizzate iniziative di mobilità internazionale grazie ad accordi e convenzioni con Università prestigiose e Collegi Universitari italiani ed esteri, attraverso un network capace di generare concrete opportunità di mobilità incentivata, ricerca e job placement”.

“Alle borse di studio per frequentare i corsi postgraduate esteri o per partecipare alle Seasonal School della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, si aggiungono annualmente, viaggi studio sempre gratuiti per gli assistiti, oppure con costi contenuti per i figli di contribuenti. Nella quotidianità invece c’è la possibilità di avere per tutti gratuitamente biglietti per le Stagioni teatrali, cinema, mostre, partecipazione a tornei o alla Settimana Bianca, presso le case vacanza di Prè Saint Didier di proprietà della Fondazione.

Studiare in un Collegio o in un Centro Formativo della Fondazione Onaosi, rappresenta una importante opportunità, dove i ragazzi imparano a gestire relazioni orizzontali e verticali, partecipano attivamente ad iniziative sociali, sviluppano senso di responsabilità e capacità di lavorare in team. Il 31 Luglio 2024 scadrà la domanda, non vincolante, per partecipare al Bando di ammissione nei Collegi e Centri Formativi, sia gratuitamente per gli assistiti, che a pagamento con una retta di compartecipazione alla spesa per i figli di contribuenti della Fondazione”.

Per ulteriori informazioni è possibile scrivere a: centri.formativi@onaosi.it o chiamare il numero: 0755869529.




Batteri del genere Vibrio nei frutti di mare: aumentano i rischi a causa dei cambiamenti climatici e della resistenza agli antimicrobici

La presenza di batteri del genere Vibrio (vibrioni) nei frutti di mare è destinata ad aumentare in Europa e nel mondo a causa dei cambiamenti climatici, soprattutto in acque a bassa salinità o salmastre, afferma una recente valutazione EFSA. Inoltre in alcune specie di vibrioni si riscontra sempre più spesso una resistenza agli antibiotici di ultima istanza.

Gli scienziati dell’EFSA hanno effettuato una valutazione degli aspetti di salute pubblica relativa ai vibrioni connessi al consumo di frutti di mare. I vibrioni sono batteri acquatici che possono trovarsi nei frutti di mare. Alcuni ceppi sono patogeni e possono provocare gastroenteriti o infezioni gravi. In una precedente relazione (CLEFSA), gli esperti dell’EFSA avevano analizzato i possibili effetti dei cambiamento climatici su un ampio spettro di questioni di sicurezza alimentare, tra cui i batteri Vibrio nei frutti di mare.

Climate change and Vibrio bacteria in seafood

Fonte: EFSA



Tutto quello che sappiamo sulle microplastiche e quanto inquinano

Una birra con gli amici, un invitante piatto di frutti di mare o, semplicemente, un bel respiro profondo. È probabile che, così facendo, nel vostro organismo finisca una quantità di plastica equivalente a una carta di credito alla settimana. Oltre due chili in dieci anni. Più che di plastica, si tratta di microplastica, termine usato per la prima volta nel 2004 dal biologo inglese Richard C. Thompson per indicare particelle di forma differente, come frammenti, filamenti, fibre, sfere, granuli, pellet, di dimensioni variabili da 0,1 micrometri (il micrometro è la millesima parte del millimetro) a 5 millimetri. Loro “cugine” sono le nanoplastiche, ancora più minuscole, che misurano da 0,001 a 0,1 micrometri, tanto quanto un virus o un filamento di Dna. Un’emergenza invisibile, ma non per questo meno preoccupante. Basti pensare che in Europa, secondo l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (European Chemicals Agency, Echa), il rilascio di microplastiche nell’ambiente sfiora le 42mila tonnellate all’anno.

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Fonte: repubblica.it




Le nanoplastiche e i PFAS alterano le strutture e le funzionalità molecolari

microplasticheI ricercatori dell’Università del Texas di El Paso hanno compiuto progressi significativi nella comprensione del modo in cui le nanoplastiche e le sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS) alterano la struttura e la funzione biomolecolare. Il lavoro mostra che i composti possono alterare le proteine presenti nel latte materno umano e nelle formule per neonati, causando potenzialmente problemi di sviluppo.

Il team di ricerca dell’UTEP si è concentrato sull’impatto dei composti su tre proteine fondamentali per lo sviluppo e le funzioni umane: la beta-lattoglobulina, l’alfa-lattoalbumina e la mioglobina. I risultati, che forniscono una visione a livello atomico degli effetti dannosi delle nanoplastiche e dei PFAS sulla salute umana, sono descritti in due recenti articoli pubblicati sul Journal of the American Chemical Society e su ACS Applied Materials and Interfaces.

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Fonte: FOSAN




Ridurre lo spreco alimentare: come ci può aiutare la scienza?

All’interno dell’European Consumer Food Waste Forum, progetto coordinato da DG SANTE – DG for Health and Food Safety e JRC – Joint Research Centre, accademici e professionisti di diversa estrazione hanno identificato le azioni e sviluppato raccomandazioni per i responsabili politici e altri attori chiave al fine di ridurre lo spreco alimentare. Questi sono ora disponibili in un toolkit interattivo multilingua. Il kit di strumenti per ridurre lo spreco alimentare dei consumatori include quattro video tutorial, un pianificatore contro lo spreco alimentare per prendere ispirazione da altri progetti di successo, un calcolatore di prevenzione degli sprechi alimentari per calcolare l’impatto ambientale, economico e i benefici delle azioni e il valore nutrizionale del cibo risparmiato, e raccomandazioni su misura per i responsabili politici, le imprese, le scuole in tutte le lingue dell’UE.

Azioni urgenti

La quantità di cibo sprecato in tutta la catena di approvvigionamento alimentare è sconcertante. Solo nel 2021, l’UE ha generato 58,4 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, che corrisponde a circa 131 chilogrammi di cibo sprecato per abitante all’anno.

Si stima che circa il 10% degli alimenti messi a disposizione dei consumatori dell’UE (al dettaglio, nei servizi alimentari e nelle famiglie) possa essere sprecato (Eurostat). Allo stesso tempo, oltre 37 milioni di persone non possono permettersi un pasto di qualità ogni giorno (Eurostat, 2023).

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Fonte: foodandtec.com




Nuovo opuscolo ISPRA: specie aliene nei nostri mari

La biodiversità del Mar Mediterraneo è in continua evoluzione, colonizzato da specie in espansione di areale che arrivano attraverso corridoi naturali, come lo Stretto di Gibilterra, e da specie non indigene o specie aliene che sono introdotte dalle attività antropiche o arrivano attraverso corridoi artificiali quali il Canale di Suez; alcune di queste specie possono anche essere pericolose per la salute umana in quanto tossiche al consumo o velenose al contatto.

Allo scopo di fornire un supporto ai fruitori del mare per il riconoscimento delle nuove specie potenzialmente osservabili e pescabili nei nostri mari, incluse quelle pericolose per la salute umana, è stato realizzato un nuovo opuscolo, versione aggiornata dell’edizione 2021.

Le eventuali segnalazioni che verranno inviate ai ricercatori, contribuiranno anche a monitorare la distribuzione e diffusione di tali specie nelle nostre acque.

Fonte: ISPRA




Specie invasive: strategie di controllo e di adattamento per il comparto della pesca

L’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Ancona (Cnr-Irbim) ha coordinato il Technical Report “Fisheries responses to invasive species in a changing climate – Lessons learned from case studies” appena rilasciato dalla Food and Agriculture Organization delle Nazioni unite (FAO) e ora liberamente disponibile in rete: uno strumento a disposizione dei decisori politici, amministratori e delle imprese del settore pesca per rispondere in modo efficace al crescente impatto delle specie acquatiche invasive (AIS), sfida globale oggi ulteriormente aggravata dai cambiamenti climatici.

Esito di una approfondita ricerca che ha coinvolto undici casi di studio condotti da altrettanti team di esperti internazionali e un sondaggio condotto su 101 scienziati provenienti da 44 Paesi. Il Report individua tre differenti tipologie di misure: socioeconomiche, ambientali, fino a soluzioni che puntano a favorire una maggiore conoscenza e consapevolezza del problema a livello generale. Nove le misure esaminate, ciascuna corredata da analisi dei pro e dei contro e guide di implementazione dettagliate.

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Fonte: CNR




Svelata complessità catene di trasmissione zoonotica

zoonosiLe zoonosi, che ogni anno influenzano la salute di oltre due miliardi di persone in tutto il mondo, sono associate a una rete complessa di interazioni di trasmissione, che coinvolgono vari attori. A descriverle nel dettaglio sulla rivista Nature Communications gli scienziati del Complexity Science Hub e dell’Università di Medicina Veterinaria di Vienna.

Il team, guidato da Amélie Desvars-Larrive, ha introdotto il concetto di “rete zoonotica” per rappresentare l’insieme delle relazioni tra agenti zoonotici, i loro ospiti, vettori, fonti alimentari e ambiente.

“Le malattie zoonotiche – spiega Desvars-Larrive – possono essere trasmesse direttamente o indirettamente tra gli animali e l’uomo, e rappresentano pertanto un problema significativo di salute pubblica. Il nostro lavoro evidenzia l’importanza di un approccio olistico per comprendere e gestire i rischi da esse derivanti”.

Il contagio tra uomo e animali può avvenire tramite contatto diretto con saliva, sangue, urina o persino feci di animali infetti. Interazioni a rischio possono riguardare, ad esempio, morsi, graffi e persino contatti cutanei (in caso di dermatiti e funghi della pelle). La trasmissione indiretta può anche avvenire tramite morsi di vettori artropodi, come nel caso del virus West Nile e dell’encefalite trasmessa da zecche, o anche oggetti e superfici contaminati.

“Le malattie zoonotiche sono spesso discusse in termini di interazioni ospite-patogeno – osserva Anja Joachim, collega e coautrice di Desvars-Larrive – ma il quadro è molto più complesso. Per colmare queste lacune abbiamo sviluppato un metodo in grado di indagare le interfacce in cui avviene lo scambio di patogeni zoonotici circolanti”.

Gli autori hanno condotto una ricerca sistematica della letteratura scientifica riguardante tutte le interazioni documentate tra fonti zoonotiche e patogeni avvenute in Austria tra il 1975 e il 2022. La rete zoonotica risultante è stata elaborata in una dashboard, che ha permesso la visualizzazione di sei distinte comunità di condivisione di agenti zoonotici per quanto riguarda l’Austria: esseri umani, specie domestiche (cani, gatti, bovini, ovini e suini) e animali che si sono adattati agli ambienti umani, come i topolini. Queste linee sembravano influenzate da agenti infettivi altamente connessi, dalla vicinanza agli esseri umani e dalle attività umane. I risultati evidenziano poi il ruolo che alcuni animali, come gli artropodi, possono svolgere nel collegare le comunità ospitanti.

“Conoscere gli attori della rete più influenti – commenta Desvars-Larrive – ci permette di ottimizzare i programmi di sorveglianza delle malattie zoonotiche”. Utilizzando un approccio quantitativo basato sul concetto One Health e su strutture specifiche nella rete, la ricerca conferma che, in Austria, è più probabile che lo spillover zoonotico si verifichi nelle interfacce uomo-bestiame e uomo-cibo.

“Mangiare alimenti contaminati – conclude Desvars-Larrive – sembra associato al rischio maggiore di infezione per agenti comuni come Listeria, Salmonella ed Escherichia. La nostra mappa interattiva potrebbe suscitare curiosità anche tra i non addetti ai lavori e sensibilizzare così le persone sull’importanza della prevenzione. Entriamo a contatto con tanti innumerevoli agenti patogeni nel corso della nostra vita, ma solo alcuni possono provocare malattie. Eppure ci sono delle semplici accortezze che possono ridurre il rischio di contaminazione, come pulire i coltelli quando si maneggiano gli alimenti crudi”.

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Fonte: AGI




Influenza aviaria: in calo in Europa ma si a sorveglianza in vista della prossima stagione influenzale

L’Europa ha registrato il più basso numero di casi di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) nel pollame e negli uccelli selvatici dal 2019/2020 e il rischio per la popolazione in genere rimane basso. Sono questi i principali esiti della più recente relazione sull’influenza aviaria elaborata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e dal laboratorio di riferimento dell’Unione europea, sulla base dei dati notificati tra aprile e giugno 2024.

Il miglioramento della situazione in Europa può essere legato a diversi fattori e richiede ulteriori indagini ma tra i fattori determinanti potrebbero esservi l’immunità sviluppata dagli uccelli selvatici in seguito a una precedente infezione, la riduzione nel numero di alcune popolazioni di uccelli selvatici, la diminuzione delle contaminazioni ambientali e variazioni nella composizione dei genotipi virali.

Gli esperti hanno notato che il virus HPAI ha continuato a circolare tra gli uccelli selvatici in Europa per tutto il corso dell’anno, anche se con cifre ridotte, e hanno raccomandato di rafforzare la sorveglianza in vista della prossima stagione influenzale.

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Fonte: EFSA