Il legame tra scimmie e pipistrelli che fa temere lo spillover di un virus

 Sono 27 i virus precedentemente sconosciuti, incluso un nuovo tipo di coronavirus, trovati nelle feci di pipistrello di cui da qualche anno a questa parte alcune scimmie della foresta di Budongo (Uganda) hanno iniziato a cibarsi. Li hanno identificati gli autori di uno studio appena pubblicato su Communications Biology. La nuova abitudine alimentare, ipotizzano i ricercatori, potrebbe essere legata alla quasi scomparsa della palma Raphia farinifera, un’importante fonte di nutrimento per molti animali selvatici che vivono in questa foresta. La massiccia estirpazione della pianta sarebbe legata alla sua utilità per la realizzazione di corde su cui essiccare le foglie di tabacco. Il rischio è che il nuovo comportamento delle scimmie, indotto da attività antropiche, possa dare origine a eventi di spillover.

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Fonte: wired.it




Aviaria in Usa, tracce virus nel latte pastorizzato delle mucche

latteTracce di virus A H5N1 dell’influenza aviaria rilevate in alcuni campioni di latte pastorizzato di mucche provenienti da allevamenti negli Stati Uniti interessati dall’epidemia.

 La comunicazione è arrivata dalla Food and Drug Administration (Fda), che ha sottolineato come non ci siano elementi al momento per considerare il latte non sicuro e che ulteriori studi e analisi verranno effettuati nei prossimi giorni. Tuttavia, secondo virologi ed infettivologi, si tratta di un fatto da non sottovalutare e che indica come il virus si stia comunque muovendo tra specie diverse.

Al momento, precisa la Fda, non è possibile dire se si tratti di frammenti di materiale genetico inattivo o di virus vivo: “Ad oggi, non abbiamo visto nulla che possa cambiare la nostra valutazione che l’approvvigionamento commerciale di latte è sicuro”, afferma l’Agenzia. Alcuni dei campioni raccolti hanno indicato la presenza di virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità utilizzando il test quantitativo della reazione a catena della polimerasi (qPCR). Tuttavia, precisa ancora l’Fda, un risultato positivo a questo esame “significa che nel campione è stato rilevato il materiale genetico dell’agente patogeno, ma ciò non significa che il campione contenga un agente patogeno intatto e infettivo. Questo perché i test qPCR rilevano anche il materiale genetico residuo di agenti patogeni uccisi dal calore, come la pastorizzazione o altri trattamenti per la sicurezza alimentare”.

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Fonte: ansa.it




Agricoltura Cellulare: sicurezza e policy sui cibi in UE

Agricoltura cellulare e tradizionale a confronto: in che modo i veterinari sono coinvolti nelle pratiche di sicurezza alimentare per i cibi europei?

Se ne parlerà il 7 maggio nell’ambito di “Meatalk” in diretta live su Youtube dalle 18.00 alle 19.00.

In questo appuntamento si discuterà dei processi di immissione in commercio di novel foods e del ruolo dell’Ente Europeo per la Sicurezza Alimentare (EFSA) nel tutelare i consumatori europei

Con la moderazione di Brunio Anza di Agricoltura Cellulare Italia APS che parlerà di “Allevamento convenzionale e agricoltura cellulare: rischi per la salute, tutela dei consumatori e scenari futuri”, si confronteranno Maurizio Ferri, Responsabile scientifico SIMeVeP e Francesco Proscia, Policy Officer a Bruxelles,  sulla normativa Europea relativa ai Novel Foods e gli aspetti legati alla sicurezza alimentare e sul ruolo del medico veterinario in questo contesto.

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Schillaci presenta la Rete degli IIZZSS: “Componente fondamentale del Ssn per la salvaguardia della salute pubblica”

Una Rete di sicurezza sanitaria trasversale che, condividendo competenze e professionalità, parte dalla medicina veterinaria per arrivare a tutelare la salute dell’uomo, in un’ottica di prevenzione e con un approccio One Health lungo tutta la filiera. È la Rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali italiani (IIZZSS), presentata oggi dal ministro della Salute, Orazio Schillaci.

Una rete che, per come è strutturata e per come opera, rappresenta un unicum in Europa. “Nessun altro nel Vecchio Continente, infatti – spiega il ministero della Salute in una nota -, ha numeri e presenza capillare sul territorio, come quelli che annovera la principale postazione italiana di controllo e consulenza tecnico-scientifica in materia di sanità pubblica veterinaria”.

Ne fanno parte gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, delle Venezie, della Sardegna, di Lazio e Toscana, del Mezzogiorno, della Puglia e Basilicata, dell’Abruzzo e del Molise, della Sicilia, e dell’Umbria e delle Marche. Le attività sono distribuite in 10 sedi centrali, 90 sezioni diagnostiche periferiche. La Rete IIZZSS mette a disposizione della collettività oltre 4 mila persone, tra medici veterinari, chimici, biologi, ricercatori, personale tecnico-amministrativo e molte altre figure professionali, che sono quotidianamente impegnate con l’obiettivo di tutelare la salute dei cittadini.

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Fonte: quotidianosanità.it




Residui di pesticidi negli alimenti: rese note le ultime cifre

Analizzato un ampio numero di campioni

Nel 2022 è stato raccolto nell’Unione europea (UE) un numero senza precedenti di 110 829 campioni di prodotti alimentari, un quarto in più rispetto al 2021. Il 96,3% di essi è risultato nei limiti di legge. Quanto al sottoinsieme di 11 727 campioni analizzati in base allo specifico programma di controllo coordinato dall’UE (EU MACP) si è riscontrato che rientrava nei limiti di legge il 98,4% di essi.

Risultati del programma coordinato dall’UE

Il programma EU MACP analizza campioni prelevati a caso da 12 prodotti alimentari. Per il 2022 si è trattato di mele, fragole, pesche, vino (rosso e bianco), lattughe, cavoli cappucci, pomodori, spinaci, avena in grani, orzo in grani, latte di mucca e grasso di maiale.

Dei campioni analizzati all’interno del programma coordinato:

  • 6 023, ovvero il 51,4%, sono risultati privi di residui quantificabili;
  • 5 512, ovvero il 47%, contenevano uno o più residui in concentrazioni inferiori o pari ai limiti ammessi (noti come livelli massimi di residui o LMR );
  • 192 ovvero il 1,6% conteneva residui superiori ai limiti consentiti.

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Fonte: EFSA




Batteri resistenti agli antibiotici: trasmissione possibile anche dagli animali domestici

animali d'affezioneL’interazione tra gli animali domestici e l’uomo può essere fonte di trasmissione (anche) di batteri resistenti agli antibiotici. Ragion per cui, per fronteggiare un problema che ha assunto le dimensioni di un’emergenza di sanità pubblica, occorre fare attenzione anche al rapporto che si instaura in casa con cani e gatti. Anche nel nostro Paese, dove nonostante alcuni lievi passi in avanti si è lontani da una corretta gestione del problema.

“Comprendere e affrontare la trasmissione dei superbatteri dagli animali domestici agli esseri umani è essenziale per combattere efficacemente la resistenza antimicrobica nelle popolazioni sia umane sia animali”, anticipa Juliana Menezes, ricercatrice del laboratorio di resistenza agli antibiotici del Centro di ricerca interdisciplinare sulla salute animale della facoltà di medicina veterinaria dell’Università di Lisbona, che sul tema presenterà una ricerca nel corso del congresso Escmid Global in programma a Barcellona dal 27 al 30 aprile.

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Fonte: aboutpharma.com




Le principali agenzie sanitarie delineano una terminologia aggiornata per gli agenti patogeni che si trasmettono attraverso l’aria

A seguito della consultazione con agenzie ed esperti di sanità pubblica, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato un rapporto di consultazione tecnica globale che introduce una terminologia aggiornata per gli agenti patogeni che si trasmettono attraverso l’aria. Gli agenti patogeni coperti includono quelli che causano infezioni respiratorie, ad esempio Covid-19, influenza, morbillo, sindrome respiratoria del Medio Oriente (Mers), sindrome respiratoria acuta grave (Sars) e tubercolosi, tra gli altri.

La pubblicazione, intitolata “Rapporto di consultazione tecnica globale sulla terminologia proposta per gli agenti patogeni che si trasmettono attraverso l’aria”, è il risultato di un ampio sforzo di collaborazione pluriennale e riflette l’accordo condiviso sulla terminologia tra l’Oms, gli esperti e quattro importanti agenzie di sanità pubblica: Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie; Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie; Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie; e Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie. Questo accordo sottolinea l’impegno collettivo delle agenzie sanitarie pubbliche ad andare avanti insieme su questo tema.

L’ampia consultazione è stata condotta in più fasi nel 2021-2023 e ha affrontato la mancanza di una terminologia comune per descrivere la trasmissione di agenti patogeni attraverso l’aria tra le discipline scientifiche. La sfida è diventata particolarmente evidente durante la pandemia di Covid-19 poiché è stato richiesto a esperti di vari settori di fornire orientamenti scientifici e politici. Le diverse terminologie hanno evidenziato lacune nella comprensione comune e hanno contribuito a creare sfide nella comunicazione pubblica e negli sforzi volti a frenare la trasmissione dell’agente patogeno.

“Insieme a una gamma molto diversificata di importanti agenzie di sanità pubblica ed esperti in molteplici discipline, siamo lieti di essere stati in grado di affrontare questo problema complesso e tempestivo e di raggiungere un consenso – ha affermato Jeremy Farrar, capo scienziato dell’Oms -. La terminologia concordata per gli agenti patogeni che si trasmettono attraverso l’aria aiuterà a stabilire un nuovo percorso per i programmi di ricerca e l’attuazione di interventi di sanità pubblica per identificare, comunicare e rispondere agli agenti patogeni esistenti e nuovi”.

 

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Fonte: quotidianosanità.it




One Health: una salute unica e una sola scienza

Il Presidente della SIMeVeP, dott. Antonio Sorice, parteciperà come relatore  al convegno “One Health: una salute unica e una sola scienza” che si terrà a Milano il 6 maggio p.v..

Durante il convegno si approfondirà  la tematica delle malattie zoonotiche trasmesse da vettori e  si parlerà della situazione epidemiologica in Lombardia di alcune malattie vettoriali, dei fattori che hanno contribuito alla loro espansione e delle attività messe in atto per il loro controllo e prevenzione.

Le malattie da vettore sono l’esempio paradigmatico dello stretto rapporto esistente tra uomo, animale e ambiente e rappresentano un serio problema di sanità animale e salute pubblica.

Programma e info




Parassiti nei pesci d’allevamento, le specie indenni secondo l’Efsa

Un nuovo parere pubblicato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) dimostra che non vi sono prove di infezione da parassiti zoonotici nella maggior parte dei pesci allevati in sistemi di acquacoltura a ricircolo (Sar). Il salmone atlantico, la trota iridea, l’orata, il rombo, il moscardino, l’ippoglosso atlantico, la carpa comune e il pesce gatto europeo possono essere consumati senza alcuna preoccupazione.

Lo studio
Un parere scientifico pubblicato dall’Efsa ha valutato i dati provenienti dall’area Ue/Efta e i nuovi metodi per individuare ed eliminare i parassiti dai pesci. Sebbene limitati, i dati indicano che molte specie di pesci d’allevamento destinate al mercato – il salmone atlantico, la trota iridea, l’orata, il rombo, il moscardino, l’ippoglosso atlantico, la carpa e il pesce gatto europeo – sono indenni da infezioni da parassiti.
Tuttavia, il ritrovamento di parassiti come l’Anisakis in spigole europee, tonno rosso dell’Atlantico, merluzzo e tinca, allevati in gabbie aperte in mare aperto o in bacini a flusso continuo, rende necessarie ulteriori analisi.
Lo studio riporta che i pesci allevati in sistemi chiusi di acquacoltura a ricircolo di acqua filtrata e mangime trattato termicamente sono quasi sicuramente indenni.
Gli esperti dell’Efsa necessitano di ulteriori dati per stimare la prevalenza di parassiti specifici nelle specie ittiche selezionate, nei vari sistemi di allevamento e nelle zone di produzione dell’area studiata, e per poter fornire un quadro completo delle varie combinazioni tra le principali specie ittiche d’allevamento e i loro parassiti.

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Fonte:vet33




Gli PFAS in pesci e molluschi: occorrono linee guida specifiche

Gli PFAS, o sostanze perfluoroalchiliche, estremamente versatili, usatissimi e quasi indistruttibili, perché conferiscono proprietà idro- e oleo-repellenti, si trovano in concentrazioni variabili, e non di rado elevate, anche nei pesci, nei molluschi e nei crostacei. Un riscontro che non stupisce, dal momento che gli PFAS sono presenti in tutte le acque del mondo. Eppure questo tipo di contaminazione, oltre ad essere ancora sconosciuta ai più, resta da approfondire, oltre a non esistere linee guida adeguate.

 I pesci del New Hampshire

A dimostrare che una fonte di quantità non irrilevanti di PFAS possono essere i pesci, i crostacei e i molluschi, è uno studio appena pubblicato su Exposure and Healthcondotto dai ricercatori del Darmouth College di Lebanon, in New Hampshire, stato che ha una competenza specifica nel settore. Nella zona, come in tutto il New England, infatti, esistono diverse fabbriche di plastificanti che per anni hanno sversato rifiuti nelle acque dolci e salate. Per questo lì sono stati effettuati alcuni dei primi studi che hanno mostrato, senza possibilità di equivoco, la contaminazione delle acque potabili. Al tempo stesso, il New Hampshire ha una tradizione culinaria incentrata sul pesce, ed è quindi una zona ideale, per studiare l’assunzione regolare di quantità significative di cibo che contiene PFAS.

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Fonte: ilfattoalimentare.it